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Ritagli

Una delle cose più pratiche che permette di fare un e-reader è sottolineare i testi e avere poi a portata di mano tutti i passaggi che si vogliono conservare.
Di seguito, una piccola raccolta di sottolineature, senza un particolare filo conduttore, tra saggi e narrativa, dagli ultimi tre anni circa di letture.

Alberto Grandi, Denominazione di origine inventata
Questo è il paese nel quale due tra le regioni più ricche del mondo, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, si fanno la guerra per stabilire la paternità del tiramisù, dove politici di levatura nazionale scendono in campo come cavalieri medievali per difendere l’onore di una salsiccia o di un formaggio. C’è qualcosa di medievale, in effetti, nell’impegno profuso da ogni singolo comune per ottenere una qualche forma di riconoscimento al suo prodotto locale. Quasi che i prodotti tipici siano “le sacre reliquie del Ventunesimo secolo, il pane di grano arso venerato come il braccio di Sant’Antonio, la colatura di alici come il sangue di San Gennaro, le strade del vino come il cammino dei pellegrini, la lotta per la Dop come l’ultima crociata”

Anatolij Kuznecov, Babij Jar (trad. Emanuela Guercetti)
Era in corso una fantastica guerra con la Polonia. Hitler da occidente, noi da oriente – e fine della Polonia. Naturalmente, per salvare le apparenze la chiamammo «liberazione dell’Ucraina Occidentale e della Bielorussia», e appendemmo manifesti dove una specie di servo della gleba tutto lacero abbracciava un valoroso liberatore dell’Armata Rossa. Ma così si usa. Chi invade è sempre il liberatore da qualcosa.

I sistemi della menzogna e della violenza hanno scoperto e sfruttato brillantemente un punto debole dell’uomo: la credulità. Il mondo va male. Si presenta un benefattore con un progetto di radicali cambiamenti. Secondo questo progetto oggi sono necessari sacrifici, ma in compenso sulla linea del traguardo sarà garantito a tutti il paradiso. Qualche parola incendiaria, una pallottola alla nuca per gli increduli – ed ecco già folle di milioni in preda all’entusiasmo. Una cosa incredibilmente primitiva – ma funziona!

Lawrence Wright, Dio salvi il Texas (trad. Paola Peduzzi)
La Humane Society degli Stati Uniti ritiene che ci siano più tigri che vivono in cattività in Texas che le tremila che vivono allo stato brado.

C’è un antico detto che dice che la ragione per i cui i battisti non avvitano nulla stando in piedi è perché qualcuno potrebbe pensare che stiano ballando.

Sfinita dal trattamento spietato riservato alle donne, Jessica Farrar, deputata liberal di Houston, introdusse la legge 4260, il Man’s Right to Know Act, usando lo stesso linguaggio paternalistico “lo faccio per il tuo bene” che caratterizza le molte norme riguardo all’aborto e alla salute delle donne – richiedendo per esempio un’ecografia e un esame rettale prima di prescrivere il Viagra.

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“Mio cugggino ha fatto questo e quello”: Il conte Attilio, di Claudio Paglieri

I Promessi Sposi è ambientato negli stessi anni dei Tre Moschettieri, in un periodo di intrighi internazionali, guerre, avventurieri, soldati di ventura e spadaccini, ma non ce ne si accorge perché Manzoni – per tutte quelle questioni di poetica che certamente ricordiamo tutti dai tempi delle superiori (…) – scelse di tenere quel mondo ai margini della sua storia.
Però ci sono dei personaggi che hanno vissuto, o ancora vivono, in quel mondo: Fra Cristoforo ne ha fatto parte, l’Innominato e Don Rodrigo ne fanno parte. E poi c’è il conte Attilio.

Attilio, secondo da sinistra, discute con Fra Cristoforo

Attilio è il cugino di Don Rodrigo, vive a Milano ed è pienamente immerso nel mondo dei nobili. È lui, per certi versi, il motore delle sventure di Renzo e Lucia, perché scommette con il cugino che non riuscirà a sedurre la ragazza, poi muove le sue pedine (il famoso “conte zio”) per far trasferire Fra Cristoforo, che ha intralciato il rapimento con cui Don Rodrigo sperava di vincere la scommessa.

Insomma, nel mondo di Manzoni, Attilio è una carogna fatta e finita – uno di quelli di cui la peste fa pulizia, senza neanche la dignità di una morte in scena.

A Claudio Paglieri, scrittore genovese autore della serie di romanzi gialli che ha per protagonista il commissario Marco Luciani, invece Attilio è sempre stato simpatico, tanto da farne il protagonista di un funambolico prequel cappa e spada del romanzo manzoniano, appunto Il conte Attilio. Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di mimetismo manzoniano: il romanzo di Paglieri è un romanzo d’avventura, picaresco, in cui si avvicendano viaggi, avventure, conquiste amorose, truffe fatte e subite, agguati e tradimenti. Allo stesso tempo, però, rispetta l’attenzione manzoniana alla Storia, intrecciando le vicende dei personaggi con quelle dell’impero spagnolo (alle prese con guerre di religione e crisi finanziarie) e della sua alleata, Genova.
Non solo: Paglieri si rifà a un’interpretazione che vede nella famiglia di Don Rodrigo la trasposizione letteraria di una casata con cui quella di Manzoni ebbe rapporti molto tesi durante il XVII secolo, quindi è forse il primo caso di prequel di un romanzo in cui tra gli antagonisti ci sono gli antenati dell’autore del romanzo originale.
In mezzo, si trova un divertito uso di citazioni dirette di espressioni famose dei Promessi Sposi (oltre a vedere in diretta la bastonatura di un messaggero di cui si parla nel capitolo in cui Cristoforo si ritrova a tavola con Don Rodrigo e Attilio), in mezzo ad altre cose più contemporanee (c’è una sequenza che sta a metà tra Lady Hawke e Il laureato, ma ci sono anche echi della trilogia di Magdeburg di Altieri e un richiamo diretto al Tulipano nero* di Dumas).

Forse ogni tanto al buon Attilio, che scopriamo spregiudicato ma in fondo dotato di buon cuore e ben più onorevole di altri suoi contemporanei, tocca in sorte più fortuna di quella che sarebbe accettabile (nella texwilleriana sequenza del furto ai danni dei Balbi, per esempio) ma il romanzo è divertente, fila come un treno e fa venire voglia di leggerne il seguito. Non nel senso dei Promessi Sposi (che è comunque un libro molto migliore del ricordo che ce ne ha lasciato la scuola, come ho scoperto ascoltando qualche tempo l’audiolibro interpretato da Paolo Poli) ma nel senso di quello che l’autore lascia intravedere nel finale aperto e nelle note conclusive; un romanzo che dovrebbe a questo punto scorrere parallelo alle vicende manzoniane e che si prospetta interessante.

A questo punto ci vorrebbe, complice il 150° della morte di Manzoni, la nascita di un vero e proprio Manzoniverse: il passo successivo dovrebbero essere le vicende di Fra Cristoforo prima di diventare frate, e poi ovviamente la grande epopea dell’Innominato.

* Nonostante l’omonimia con un famoso sceneggiato televisivo e con un cartone giapponese la cui vera protagonista era invece la Stella della Senna (<3), il romanzo di Dumas non è una vicenda di cappa e spada ma una bizzarra storia di avventura “botanico-finanziaria” ambientata durante il boom del mercato dei tulipani in Olanda.

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Polemiche in briciole

(dedicato ai post a punti, tanto vituperati su Splinder, ma tanto comodi)

  • Molta della musica prodotta da giovani uomini avendo come target giovani uomini tende ad avere contenuti misogini e sessisti, calibrati sulla propria epoca. Che facciamo?
  • Un politico non dovrebbe citofonare nemmeno ai mafiosi. Al massimo, quello è Staffelli. O il Gabibbo (nel 1993, primo anno di superiori, nella mia classe si raccontava che in una puntata di Striscia la notizia il Gabibbo avesse citofonato alla nostra professoressa di matematica cercando di parlare con il marito, indagato per tangenti, e che si sentisse benissimo la voce di lei che urlava “vai via! vai via!”. Chissà se era vero)
  • Comunque, ad Amadeus non deve essere sembrato vero di essersi messo sul palco uno più impresentabile di lui su cui scaricare l’attenzione.
  • La destra ha saldamente in mano l’agenda setting, cioè il discorso pubblico si orienta sui temi che individua. Lo ha fatto nei mesi di governo, continua a farlo ora. Gli altri inseguono, cercano di imitare, ma non c’è il coraggio di uscire dai temi e dai frame che vengono di volta in volta imposti da quello là.
  • Certo è ben difficile sostenere che quest’estate i porti siano stati “chiusi” per decisione di una sola persona in contrasto con il resto del governo. Magari dal punto di vista giuridico si può provare, sul piano politico sono tutti coinvolti.
  • Piantatela di trasformare tutto in meme divertentissimi e di condividerli. Per soddisfare il vostro ego con una condivisione, un like, un commento, contribuite a fare passare l’essenza del messaggio originale.
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Adelphi in offerta 2020 – qualche consiglio

Dal 16 gennaio al 15 febbraio i libri Adelphi sono scontati del 25% più o meno ovunque (come da Legge Levi, che permette agli editori una campagna simile per un mese all’anno).
Di tutte le promozioni del genere è forse quella nella quale finisco per spendere più soldi perché i libri Adelphi coprono una gamma di argomenti (tra saggistica e narrativa) spesso poco frequentata da altri editori e, cosa non trascurabile, sono molto belli. Si può dire molto sul fatto che l'”identità Adelphi” finisca a volte per schiacciare quella dei singoli volumi, però resta il fatto che Adelphi resta una delle poche case editrici “come una volta”: non fa parte di un grande gruppo, ha un’identità ben marcata portata avanti con precise scelte di catalogo. Roberto Calasso ha spiegato la genesi e le scelte della casa editrice in uno scritto che si trova sul sito di Adelphi, I libri unici.
Nel caso possa interessare a qualcuno, di seguito segnalo qualche libro interessante, secondo alcuni criteri:
– i libri sono in ordine casuale, non è una classifica o altro;
– sono scelte personali. Non pretendo di fare un “il meglio di”, non ne ho le competenze e nemmeno l’intenzione. Sono libri che magari potrebbero passare inosservati o essere ritenuti troppo ostici (il difetto delle edizioni di Adelphi è che a volte sembrano presentare tutto come molto più “alto” di quanto non sia). Credo che segnalare i volumi di Carrère o La versione di Barney sia superfluo;
– sono tutti libri che ho letto, in italiano o in originale.

I link sui titoli rimandano ad Amazon e sono sponsorizzati, per cui io ricevo una piccola commissione su eventuali acquisti – senza alcun costo aggiuntivo per chi compra; se potete, la cosa migliore è andare a comprarli in qualche libreria che vi piace (qui sono elencate quelle “di fiducia” della casa editrice), magari approfittando del link amazon per leggere gli incipit, visto che molti hanno l’edizione ebook. Gli incipit si trovano anche nelle schede dei libri sul sito Adelphi, da cui possono essere ordinati.
A ogni modo, al di là dei “consigli per gli acquisti” questo post è anche una scusa per tornare a scrivere almeno un po’ di libri su questo blog, dopo tantissimo tempo che non lo facevo.

Ferenc Karinthy – Epepe

Un linguista diretto a un convegno sbaglia aereo e finisce in una città sconosciuta di cui ignora e non riesce a comprendere ogni cosa: la posizione, gli usi, i costumi e, soprattutto, la lingua. Epepe è un lungo incubo a occhi aperti, l’estremizzazione della sensazione che chiunque viaggi ha provato almeno una volta nella vita (Karinthy lo scrisse dopo un viaggio in Giappone negli anni Cinquanta). Sembrerebbe materia buona per un racconto e invece la storia dei tentativi del protagonista per uscire dalla sua situazione regge benissimo sulla lunghezza.

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Un gatto

In questi giorni sto leggendo I due allegri indiani, un incredibile romanzo-rivista di Rodolfo J. Wilcock, scrittore italo-argentino. Il romanzo è un caleidoscopio di invenzioni, che riproduce i trenta numeri di una rivista di equitazione, “Il maneggio”, nella quale un autore che continuamente adotta nuovi nomi porta avanti un romanzo a puntate ambientato tra gli indiani. Ma questi “indiani” sono contemporaneamente gli italiani, gli indiani d’America e quelli propriamente detti dell’India – con un effetto spiazzante e comico. Allo stesso tempo, ci sono le lettere dei lettori, i retroscena di un esperimento di scrittura collettiva quando chi entra nella società acquistando delle quote ha possibilità di scrivere nuovi capitoli della storia… devo ancora finire, ma è una follia che spesso fa molto ridere e che ti toglie la terra da sotto i piedi.
Incuriosito dall’autore, sono finito sul sito a lui dedicato e mi sono imbattuto in un brevissimo – e bellissimo – racconto dedicato a un gatto egizio, alla sua vita e alla sua morte. Si intitola Ik-men-ha-kaf e inizia così:

Gli occhi di smalto fissano il mistero dell’aldilà come se fosse un topo, e può ben darsi che lo sia. Visse tremila anni fa; si chiamava Ik-men-ha-kaf, che significa qualcosa come il lampo o il fulmine; ma quei tempi come adesso nessuno usava il nome intero per rivolgersi a un gatto o chiedergli un favore, così che lo chiamavano Ik, e più spesso Ik-ik, ch’è fulmine abbreviato.
Abitava a Abido, in una casa dai tetti bassi, ma anche così il tetto gli sembrava troppo elevato, inutile spreco per un così semplice labirinto, talmente elementare che dopo due o tre giri ne conoscevi tutti gli ingressi e tutte le uscite. Ik-ik era stato portato da Tebe all’età di tre mesi, e i primi giorni non riusciva in verità a distinguere gli ingressi dalle uscite, doveva fermarsi sulla soglia per studiare i percorsi più adatti; finché non giunse alla conclusione che ingressi e uscite coincidevano, si trattava di una distinzione puramente accademica. 
(continua)

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La Banda delle Bende

MUSICA!

Nella vita ho sempre immaginato che prima o poi in libreria ci sarebbero stati dei libri scritti interamente da me.
Quello che non avevo programmato è che sarebbero stati dei libri di narrativa “per ragazzi”. Per giunta, illustrati (da Roberto Lauciello – anche lui genovese e questa è una bella combinazione).
Ma, si sa, la vita è quello che ti succede mentre tu fai dei progetti, quindi eccoli qua, da oggi 18 aprile sono ufficialmente in distribuzione i (primi) 4 titoli della collana di narrativa della Banda delle Bende, per i tipi di Franco Cosimo Panini Editore – il che vuol dire che io e Altan, per dire, abbiamo lo stesso editore.

La Banda delle Bende è un gruppo di quattro (più uno) personaggi nati per accompagnare il lettore in una collana di divulgazione realizzata in collaborazione con il Museo Egizio di Torino, all’interno della quale erano presente scenette interpretate da Kha e Merit (ispirati a due mummie del Museo), la loro gatta Miu e i due giovani Schiapp (da Ernesto Schiaparelli) e Cody (se non ricordo male, da Erminia Caudana, restauratrice del Museo).

Cose così (i disegni sono di Roberto Lauciello)

Quando ho saputo che c’era l’intenzione di provare a fare della narrativa con quegli stessi personaggi, ho buttato giù quattro soggetti. Sono stati approvati e a quel punto mi sono reso conto che avrei davvero dovuto sfornare in tempi abbastanza brevi quattro storie per un pubblico per il quale non avevo mai scritto in vita mia.
Le cose per fortuna sono andate molto meno peggio del previsto: tra i buffi incidenti di percorso, ho dovuto fondere insieme due soggetti perché da soli non avrebbero retto la lunghezza richiesta, trovandomi a dovere inventare da zero una storia al volo. Ho tirato gli Story cubes e mi hanno dato una buona idea, che è diventato il quarto titolo della collana.
Ma di cosa parlano, queste storie?
In sintesi, di quattro improbabili eroi (più uno) che si trovano invischiati in avventure incredibili che coinvolgono – a vario titolo – la mitologia egizia. Non sono strettamente storie didattiche, ma gli elementi egizi che contengono hanno ricevuto la supervisione dal Museo Egizio stesso; e in ogni caso, da buon fan di Martin Mystère ho chiesto che in fondo ci fossero delle pagine in cui si potessero spiegare le differenze tra quello che viene raccontato nelle storie e la vera mitologia egizia. Le storie iniziano tutte in un museo senza nome che non è il Museo Egizio, ma un po’ gli assomiglia.
Mentre scrivevo, il mio ideale era un modello Carl Barks / Duck Tales: avventure buffe in posti esotici, adatte ai bambini (l’età consigliata è 9+) ma in cui anche lettori più navigati possano trovare qualcosa di divertente.

I quattro titoli (e le relative sinossi, più qualche retroscena) sono questi:

Illustrazione di Roberto Lauciello

Nella terra della notte
La gattina Miu è scomparsa! L’unico indizio è un misterioso buco luminoso che si è aperto in uno dei luoghi più magici del museo. Quando la Banda delle Bende lo attraversa ha inizio un’avventura tra dèi, sfingi parlanti, uccelli dalla testa umana e fiumi impetuosi, fino a una minacciosa caverna… Non sarà certo una barzelletta (o forse sì?), sfuggire alla terra della notte!

È la prima storia che ho scritto (in realtà come sceneggiatura a fumetti di 16 pagine) e quella più rigorosamente egizia, nella quale ho adattato il mito del viaggio notturno di Ra che, con le sue prove, forniva già una struttura narrativa pronta all’uso. Il finale – con un crossover mitologico molto ardito – è un omaggio a certe storie con Zio Paperone, Paperino e Paperoga. La barzelletta che racconta Kha è la prima che mi abbiano mai raccontato.

Illustrazione di Roberto Lauciello

Un visitatore sgradito

Mummie che terrorizzano i visitatori, statuette egizie che si animano, macchine dʼepoca che ingoiano ignari passanti… Solo la Banda delle Bende può trovare il colpevole di una lunga serie di eventi misteriosi che sconvolgono la vita del museo, ma questo sarà solo l’inizio di un’avventura che porterà i nostri eroi sulle tracce di qualcosa di ben peggiore di un visitatore sgradito!

È un’avventura che si svolge quasi tutta all’interno del Museo, dove sono riuscito a infilare ben due delle mie divinità egizie preferite (Bes e Sekhmet). Oltre a nominare Carlo Cane, il mio indagatore dell’incubo, e inserirci un microracconto da toni weird raccontato a più voci (e se siete vecchi giocatori di ruolo, vi renderete conto che un personaggio ha passato un test di biblioteconomia) . Fa il suo esordio narrativo il direttore del Museo, che è un personaggio che mi diverte tanto scrivere. Il finale richiama un recente discusso evento del museo.

Illustrazione di Roberto Lauciello

La minaccia strisciante

La Banda delle Bende va in televisione! Invitato a una trasmissione sui misteri della storia, Kha si trova invischiato in una ragnatela di incredibili panzane sulla storia dell’Antico Egitto. Ma davvero tutto è come sembra o è solo un inganno per trascinare tutti in una nuova avventura, che li costringerà a confrontarsi nuovamente con una minaccia strisciante!

Questa è strutturata un po’ come un’avventura di Dungeons&Dragons, con un dungeon pieno di nemici e prove di astuzia e intelligenza. Metà buona della storia l’ho scritta in traghetto tra la Sardegna e Civitavecchia, disperato perché mi ero reso conto di avere chiuso la storia con svariate (SVARIATE) cartelle di anticipo. Nella prima versione c’era un evidentissimo omaggio al primo film di Conan che è stato ammorbidito in fase di editing. Però è rimasto il dialogo a pagina 121, che insieme al disegno sottostante ha un tasso di epicità davvero fuori scala (modestamente).

Illustrazione di Roberto Lauciello

Mummie nello spazio

Chi potrebbe mai rapire una mummia egizia? Alieni che assomigliano a grandi api, ovviamente, che trasportano Kha sul proprio pianeta perché lavori per loro. Ma la Banda delle Bende non si perde d’animo e troverà il modo di raggiungerlo, in un’avventura tra alieni di tutte le taglie, intrighi e un po’ di dolcezza. Come se la caveranno, le mummie nello spazio?

Oh boy. Questa è la storia nata da un lancio fortunato di dadi con alieni e api, che mi ha permesso non solo di scrivere un planetary romance in piena regola ma pure di scrivere “Tschai” in un libro. Delle quattro, è la storia meno egizia del lotto, ma è anche un test per vedere se i personaggi possono uscire dalla loro comfort zone e adattarsi ad altri ambienti senza snaturarsi. Per la copertina avevo proposto di citare i Gamma Ray.

Tutti i titoli possono vantare le splendide illustrazione di Roberto Lauciello, che ha creato graficamente i personaggi, in un’elegante monocromia sfumata che non fa rimpiangere la quadricromia.

(SPOILER!) Disegno di Roberto Lauciello

I primi quattro libri della collana (dico primi perché ho già consegnato le prime stesure dei quattro della “seconda stagione”) sono acquistabili in libreria, su amazon, su ibs, ma anche dallo shop online del Museo Egizio o dal sito dell’editore.
La Banda delle Bende ha un suo sito, dove si trovano il meraviglioso trailer, le schede dei libri (con il primo capitolo di ciascuno), le descrizioni dei personaggi e pure un piccolo quiz, estratto dal rinomato Rischiathot.

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Il Movimento e il movimento

Sì, c’entra anche lui

Il movimento No Tav esiste, in varie forme, dalla fine circa degli anni Ottanta circa. In questi trent’anni si è costituito come un’entità incredibilmente attiva e radicata, capace di esprimere un’opposizione al progetto contro cui si batte che non è limitata alla caricatura che ne fanno i detrattori.
Purtroppo, da quando è al governo, il movimento 5 stelle, nel suo dichiararsi “No Tav” non ha fatto altro che dare in pasto ai mass-media esattamente la caricatura “nimby” che tanto va per la maggiore.
Prova ne è Di Maio che in Abruzzo, sparando cifre a caso sul tempo di percorrenza in treno tra Roma e Pescara, dice che una Tav andrebbe invece fatta lì, dimostrando di non avere idea, appunto, delle ragioni No Tav e del loro non essere legate alla sola realtà valsusina.
Un racconto delle ragioni del Movimento No Tav, delle sue origini, di quello che ha prodotto, delle sue prospettive e della sua demonizzazione è stato pubblicato da Wu Ming 1 e si intitola Un viaggio che non promettiamo breve. Da ottobre dello scorso anno, come altri libri di WM, è disponibile per il download gratuito in vari formati.
Certo, è una lettura lunga, ma bisogna farsene una ragione: se un tema è complesso, non si può esaurire a slogan.
Né si può ridurre l’esperienza del Movimento No Tav al tragico dilettantismo (nella migliore delle ipotesi) dei cinque stelle.

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I libri letti nel 2018 – il meglio

Stando a Goodreads (che va bene il ritorno al blog, ma Anobii non è più cosa) (comunque c’è gente che usa ancora last.fm, ho visto) nel 2018 ho letto 93 libri. La lista dettagliata con i voti si trova là, qui faccio solo un riassunto dei titoli che si sono meritati secondo me il massimo dei voti.

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Fantascienza non è una parolaccia

Ragazze elettriche di Naomi Alderman è un bel romanzo di fantascienza, che traccia una bella parabola (beffarda) sul potere, sul rapporto tra i generi e persino su come la storiografia sia un riflesso del mondo che la produce.

Solo, stona un po’ che nelle prime tre righe dell’aletta dell’edizione italiana si sia sentito il bisogno di dire che non è proprio un romanzo di fantascienza, eh. E comunque ha anche vinto un premio!

Ma, no: Ragazze elettriche è un romanzo di fantascienza (proprio da definizione, perché c’è una spiegazione scientifica del fenomeno che racconta), che sarebbe potuto tranquillamente uscire in Urania o per Zona 42 (per la quale è di recente uscito un romanzo di Alessandro Vietti che presenta un simile intreccio tra potere fisico, politico e costruzione della verità, appunto Il potere).

Ripetiamolo tutti insieme: “fantascienza non è una parolaccia”

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Zappe, spade e ragazzi morti

È vero che per le cose legate alla scrittura ho un blog a parte, Dorso di Carta, ma è anche vero che un aggiornamento anche qui male non fa.

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Cajelli, De Feo, Fantoni, Gonnella, Hoffmann, Lanzoni, Leonardi, Mala Spina, Mana, Mazza, Nerdheim, Vicenzi. Questa la lista dei rinnegati che hanno dato vita a “Zappa e Spada”, la prima antologia al mondo di racconti Spaghetti Fantasy! Ecco la fantasia eroica all’italiana, quella con pochi soldi per gli effetti speciali, ambientata in una contrada fantastica popolata da furfanti e villani, avventurieri senz’arte né parte e paladini male in arnese, fratacchioni e fattucchiere… insomma: braccia rubate all’agricoltura, e restituite al campo di battaglia. Perché quando l’uomo con la zappa incontra l’uomo con la spada… nasce lo SPAGHETTI FANTASY!

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