Avevo già dedicato un post alle stroncature presenti sulla Rolling Stone Records Buyers Guide del 1983.
Fanno molto ridere e sono una bella testimonianza del giornalismo rock americano che usciva dal punk ancora ubriaco del concetto di “autenticità”. Dei Queen si diceva che “Crazy Little Thing Called Love” era l’unico singolo decente in una carriera altrimenti squallida.
Oggi ho trovato la recensione che all’epoca David Marsh scrisse per Jazz. Non il disco migliore dei Queen, ma uno dei più curiosi, con dentro cose diverse che vanno dall’hard rock di Dead on time al pop di Seven Days, partendo con quella roba strana che è Mustapha e infilando i classiconi Bicycle Race e Fat Bottomed Girls.
Al recensore però non piacque e ne approfittò per levarsi un paio di sassolini dalla scarpa.
Non c’è affatto Jazz sul nuovo disco dei Queen, nel caso i fan dell’uno o degli altri si fossero preoccupati per la profanazione di un’icona. I Queen non hanno l’immaginazione necessaria a suonare del jazz – e per quel che vale, non hanno nemmeno l’immaginazione necessaria a suonare del rock and roll. Jazz è solo un’altra ripetizione del solito monotono pastiche che domina tutti i dischi di questo supergruppo inglese: rigidi cliché heavy-metal di basso chitarra batteria, musichette classicheggianti di pianoforte, armonie a quattro voci che fanno sembrare funky i Four Freshmen e le linee vocali da gola scorticata di Freddie Mercury.
A ogni modo, non ci si dovrebbe sorprendere che i Queen abbiamo chiamato “jazz” questo disco. Il principio fondante di questi arroganti bambocci sembra essere che qualsiasi cosa Freddie e soci vogliano la ottengono. Quello che sconcerta di questa arroganza è che è assolutamente priva di fondamento: i Led Zeppelin possono essere privi di scrupoli come degli aristocratici medievali, ma almeno Jimmy Page ha un approccio elettronico originale che consente al gruppo di meritarsi alcune delle sue prese di posizione elitiste. L’unica cosa che i Queen sanno fare meglio di chiunque altro è esprimere disprezzo.
Prendete la prima canzone del disco, Mustapha. Inizia con la parodia di un canto da muezzin e si scioglie in un’approssimazione di musica araba. Questo è tutto parte del grande progetto dei Queen. Freddie Mercury è un sofisticato uomo di mondo, uno che sa come suona il canto di muezzin. A dirla tutta, tu non lo sai. Quello su cui il gruppo inciampa è, come al solito, la musica. Mustapha è giusto una riscrittura goffa e pretenziosa di Hernando’s Hideaway, che ha a che fare con la cultura del Medio Oriente più o meno quanto un venditore ambulante di souvlaki.Ma è facile esagerare le ambizioni dei Queen. Fat Bottomed Girls non è sessista – tratta le donne non come oggetti sessuali ma come oggetti punto e basta (lo stesso modo in cui il gruppo tratta in generale le persone). Quando Mercury canta, in Let Me Entertain You, di vendere il suo corpo e di essere disposto a usare qualsiasi mezzuccio per eccitare un pubblico, non sta parlando di sacrificarsi per la sua arte. Sta solo confessando la sua mancanza di vergogna, perché è troppo bifolco perché questo lo faccia sentire stupido.
Qualsiasi cosa dichiarino, i Queen non sono qui per divertire e basta. Questo gruppo è arrivato per rendere chiaro esattamente chi è superiore e chi inferiore. Il suo innno, We will rock you, è un ordine di marcia: non sarete voi a scuoterci, saremo noi a scuotere voi. Per dirla tutta, i Queen potrebbero essere il primo gruppo autenticamente fascista. Tutta questa cosa mi fa domandare perché chiunque vorrebbe perdere tempo con questi individui sgradevoli e le loro idee nauseanti.