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Angus Fangus paladino della verità

Nel 1996 esordisce PK New Adventures, una serie a fumetti che trasforma definitivamente Paperinik, l’alter-ego di Paperino nato nel 1969 come parodia dei fumetti “neri” con la K degli anni Sessanta (Diabolik, Kriminal ecc.), in un supereroe vero e proprio, con tanto di albi in formato Marvel/DC. L’idea sembra stramba, ma quello che viene fuori è uno dei fumetti più amati dai lettori di quel periodo, che si sono trovati davanti a una sintesi ben calibrata tra il mondo Disney e le trame supereroistiche.

Nel 2014, dopo diverse incarnazioni, PK si trasferisce per la prima volta sulle pagine di Topolino, con una storia in quattro parti, Potere e Potenza, scritta da Francesco Artibani, disegnata da Lorenzo Pastrovicchio e colorata da Max Monteduro. Nella quale compare questa vignetta:

(in realtà questo è un ritaglio, ma è la parte che ci interessa)

A parlare è Angus Fangus, uno dei personaggi più amati e caratteristici della serie. Giornalista di pochi scrupoli, perennemente stropicciato, odia Paperinik e non perde occasione per ridicolizzarlo, con ogni mezzo a sua disposizione.

Per tutta la serie Angus si oppone in maniere categorica a quella che lui stesso definisce “la minaccia Pikappa”. Nonostante sia testimone oculare di numerosi fatti che testimonino l’eroismo e il coraggio del papero mascherato, Fangus grazie ai prodigi della tecnica è in grado di rimontare le immagini a suo piacimento, mostrando come Pikappa non sia altro che un banale teppista che si rende responsabile di atti vandalici pur di attirare su di sé l’attenzione pubblica

Angus Fangus, Paperpedia

Nello stesso periodo, una pagina Facebook ora non più attiva, Reazioni d’anatra, prende la vignetta e cambia il testo nel balloon:

Notare lo spazio di troppo prima di “opinione” e il testo centrato male nel secondo balloon

Del resto, è lo scopo stesso della pagina, ricontestualizzare tavole e immagini dei fumetti Disney:

(in questo caso tocca a Don Rosa)

L’ironia della cosa, per chi conosce il personaggio, è abbastanza evidente. Siamo nel pieno della prima ondata dell’allarme “fake news” e a un noto manipolatore dell’informazione viene messa nel becco una frase che riecheggia Harlan Ellison: “Non hai diritto a esprimere un’opinione, hai diritto a esprimere un’opinione dopo che ti sei informato”.
Ma, ovviamente, non tutti conoscono Fangus – o non tutti ricordano esattamente chi sia davvero – e così la vignetta ritoccata inizia una sua vita autonoma su facebook, forum, chat di whatsapp e via discorrendo. Anche perché, effettivamente, il concetto è assolutamente corretto.
Finisce persino in una community disneyana come quella di Ventenni che piangono leggendo la Saga di Paperon De’ Paperoni, probabilmente ingannando gli stessi gestori della pagina, poi costretti a una correzione nei commenti:

E, in tutto questo girare, a un certo punto succede il capolavoro.
Il principe dei debunker David Puente, nel febbraio 2017, scrive un articolo intitolato I giornali, i siti di informazione e i blogger tra il pappagallo e la puttanata, nel quale stigmatizza i blogger che riprendono non verificate pubblicata da quelle testate che andavano molto all’epoca, tipo il Fatto Quotidaino, Libero Giornale – o anche dalla stessa stampa “seria”:

Questo articolo non è un attacco alla Rete, ma un invito alla riflessione molto profondo rivolto a tutti coloro che, attraverso la propria professione (giornalista o blogger), pretendono di voler informare. Fatelo, ma nella maniera corretta.

Tutto bellissimo e condivisibile, ma – ironia della sorte – che immagine piazza Puente al centro del suo post?

OOOPS

La morale trovatela voi.

Un grazie a chi ha risposto alla mia richiesta di informazioni su Twitter, tra cui lo stesso Francesco Artibani, che ha addirittura postato l'estratto della sceneggiatura originale:

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Roberto Recchioni ha ucciso Dylan Dog

Disegno di Maurizio Rosenzweig

Nell’agosto del 2005, per la precisione, sulle pagine del numero 28 di John Doe, “La natura della Bestia”, quarto numero della seconda stagione della serie.
Erano i giorni in cui JD, la serie creata da Recchioni e Lorenzo Bartoli e pubblicato dall’Eura, una casa editrice romana famosa per le riviste Lanciostory e Skorpio, oltre che per le serie dedicate a Dago, era diventata una realtà solidissima del fumetto da edicola, presentando nel tradizionale formato “a quaderno” storie e disegni che era all’epoca impossibile trovare nei fumetti Bonelli.
Anche il concetto di serialità era diverso da quello bonelliano: lo spunto iniziale del numero uno (un umano responsabile di un’organizzazione metafisica che si occupa di gestire la morte degli esseri umani scopre che la Morte non sta rispettando le regole, le ruba la falce e fugge per impedirle di mettere in atto il suo piano) viene risolto dopo due anni di storie, definiti la prima stagione (come nelle serie tv), e con il numero 25 inizia una nuova stagione con nuove premesse e una trama orizzontale ancora più marcata, per cui gli episodi singoli diventano quasi incomprensibili.
Bartoli e Recchioni avevano scommesso, con John Doe, e raccoglievano i frutti: la serie vendeva bene e raccoglieva l’apprezzamento dei lettori e della critica. Ovviamente non sempre tutto era perfetto, ma il bello era vedere una serie che quando sbagliava lo faceva perché aveva puntato troppo in alto, non perché si era rinchiusa in dei cliché.

Copertina di Massimo Carnevale
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Kobane Calling

COVER-KOBANE-CALLING

C’è una massima latina, sul muro di un palazzo di Corso Italia a Genova. Non la ricordo in latino ma dice una cosa del tipo “se non sai usarlo, il denaro è il tuo padrone, se sai usarlo è il tuo servo”. Considerato che è incisa su un lussuoso palazzo di inizio novecento non credo fosse un invito alla saggezza per chi passava ma un SUCATE grosso così ai poveracci che, evidentemente, non sapevano usare i loro soldi.
Cosa c’entra con l’ultimo libro di Zerocalcare?
Nel senso letterale, pochissimo.
Se al denaro però sostituiamo “successo”, però forse si inizia a intravedere qualcosa.

ZC è attualmente il fumettista italiano più venduto in libreria e, verosimilmente, tra gli autori di libri in generale più letti in Italia. Il suo è un successo che si è costruito con una progressione naturale e costante, fatta di piccole/grandi circostanze fortunate (la pubblicazione sul Canemucco, l’autoproduzione della Profezia dell’Armadillo, le storie del lunedì sul web, l’incontro con quella macchina da guerra che è la Bao) che hanno permesso a ZC di portare le sue storie a un pubblico sempre maggiore. In questo crescendo, quello che è rimasto costante è quello di cui a ZC interessava raccontare; in questo senso, ZC è riuscito a usare il suo successo per essere sempre più libero di fare quello che preferisce. Certo, ci sono le cose su commissione per Wired, che hanno quasi sempre quel tono di “che mi tocca fare, va beh, gliel’ho promesso, facciamolo”, ma se si prende la successione delle opere da libreria di ZC (escludendo le due raccolte di storie apparse sul blog, che sono comunque importanti ciascuna per la storia inedita che contiene e che fa un po’ il punto su quello che è successo fino a quel momento nella vita e nella carriera), è facile vedere come sia andato avanti per un suo percorso coerente e organico. La Profezia è una storia autobiografica che cerca di dare un senso a un lutto; Un polpo in gola è un romanzo come quelli che Ammanniti non scrive più, su quello che ci portiamo dietro del passaggio tra infanzia e adolescenza; Dodici è una storia di zombi usata per parlare di Rebibbia; Dimentica il mio nome è una storia familiare in cui si fanno i conti con le scelte di chi ci ha preceduti.
Al centro di queste storie c’è sempre un’analisi di sé, delle proprie scelte e delle loro conseguenze. A differenza delle storie per il blog, qui l’aspetto “politico” della vita di ZC emerge con forza; mai come pippone/predicozzo ma come costante, come modello a cui tendere e distanza da quel modello. Continua a leggere

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Gente di mare – fumetti con salsedine

Copertina di Stefano Turconi

Copertina di Stefano Turconi.

L’inizio della promozione sul catalogo di Bao Publishing mi sembra il momento giusto per parlare di una storia a fumetti che parla di mare e che probabilmente, se non fossi andato al mare, non avrei mai preso in considerazione.
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Lo scherzo che continua a uccidere

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Una volta Alan Moore, che ormai odia la DC Comics più di quanto a noi comuni mortali sia possibile immaginare, ha detto che va ormai avanti da anni ricicciando le buone idee che lui ha avuto negli anni Ottanta.
Chissà come gongola ora che la lunga onda di una sua storia per Batman del 1988 è diventata la miccia di una polemica di quelle che si guadagnano pure un hashatg su twitter.
In breve, per festeggiare i 75 anni del Joker, a giugno le testate DC usciranno con delle copertine variant dedicate al più iconico avversario di Batman. Per la serie di Batgirl Rafael Albuquerque, disegnatore brasiliano, ha pensato di ripescare dal passato comunque dei due personaggi una delle pagine più cupe della storia di Batman, raccontata da Alan Moore in un episodio, disegnato da Brian Bolland intitolato The Killing Joke. Anche se non lo avete letto, probabilmente ci siete entrati in contatto senza saperlo se avete visto il secondo Batman diretto da Nolan, perché il Joker di Heath Ledger è dichiaratamente ispirato a quello della storia di Moore. Per farla breve, in The Killing Joke Moore indaga sulla psicologia del Joker e sul suo rapporto con Batman, concludendo – senza troppe sorprese – che sono due psicopatici non troppo dissimili l’uno dall’altro. Nel corso della storia, il Joker va a casa del commissario Gordon, spara alla figlia, che è in realtà Batgirl, e lo rapisce cercando di farlo impazzire. Anche facendogli vedere foto della figlia nuda e ferita (sopravviverà, anche se su una sedia a rotelle, per poi riprendere a camminare in un reboot recente). A questo proposito, uno dei giganteschi non-detti di questa storia è, da 27 anni, se Barbara Gordon sia stata violentata o no; una versione scartata di una tavola divulgata qualche tempo fa ha riaperto il dibattito. Continua a leggere

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Dodici, una recensione

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Quando ho letto per la prima volta La profezia dell’armadillo ne venivo dalla lettura delle storielle di Zerocalcare sul suo blog e su Canemucco, quindi ero preparato a ridere sguaiatamente. Le prime pagine ovviamente mi bloccarono la risata nella gola. “Ommadonna che mattonata ho comprato?” pensai subito. E poi invece scoprii che ZC era bravissimo ad alternare i due registri, a commuovere senza essere melenso e a far ridere senza essere becero. Un equilibrio rarissimo, difficilissimo da mantenere, mostrato in un libro che è la parte nascosta dell’iceberg della sua produzione.

C’è da ammirare, in ZC, il coraggio e la voglia di non sedersi sugli allori del blog: poteva andare avanti pubblicando storielle autobiografiche e invece ha scelto di dedicarsi nei libri a qualcosa di più strutturato. Un polpo alla gola era una storia ammanitiana, un lungo racconto non diviso in microstorie autonome come il primo libro. Meno fulminante della profezia ma solido, una dimostrazione della volontà e della capacità di fare dell’altro.
Poi c’è stato l’interludio di Ogni maledetto lunedì (su due), raccolta delle strisce del blog, con una storia inedita e ora arriva Dodici [link affiliato ad amazon – fino al 30 ottobre Dodici è scontato del 25%, come tutto il catalogo Bao], una storia di zombi ambientata a Rebibbia in cui Zerocalcare (l’autore) fa un ulteriore passo avanti e Zerocalcare (il personaggio) ne fa uno indietro.

dodici-zerocalcare

Per gran parte della storia, infatti, l’alter-ego dell’autore è fuori combattimento e diventa protagonista il Secco, il giocatore professionista di poker online, insieme all’amico Cinghiale e Nadja Katja, un personaggio inedito.
Quali sono le cose migliore di Dodici? Una è quella che già sapevamo ZC sapeva fare bene: usare i personaggi pop come archetipi del comportamento umano. È ormai quasi un trucco vecchio ma gli riesce sempre bene, quasi come se fosse la prima volta che lo vediamo in azione.
La seconda cosa migliore è una novità: sono le pagine dedicate a Rebibbia, il quartiere in cui ZC vive e in cui si svolge la storia. Sono una manciata in tutto il libro ma lasciano il segno. Sono scritte con una “voce” molto diversa da quanto visto finora, forse assimilabile per profondità e maturità (gulp) alle pagine finali della storia di complemento di Ogni maledetto lunedì, e accompagnate da un tratto grafico diversissimo da quello del libro, più pulito e preciso. Davvero sorprendenti.
Ovviamente funzionano benissimo i disegni, anche se personalmente preferisco Zerocalcare in bianco e nero (e rosso, qui) che a colori.
C’è invece qualche intoppo nella costruzione della storia su due piani temporali (in b/n il presente e a colori il passato), che non funziona benissimo e può risultare confusa. Così come trovo abbastanza incomprensibile la terza linea narrativa, quella dell’omino con la maschera. Intendiamoci: con un minimo di attenzione si segue perfettamente tutto, però non scorre tutto liscio come dovrebbe e si fa fatica un po’ a comprendere il “punto” della storia. Che ha dei momenti molto divertenti (mai davvero tesi perché gli zombi fanno più da sfondo che da minaccia vera e propria) ma si chiude un po’ a metà, non tanto per volontà di dare spazio a un sequel ma per una scelta dell’autore di creare una specie di non sequitur (evidente anche nella divertentissima tavola conclusiva). Scelta legittima che spiazza un po’ in una storia che per altri versi cerca di aderire al canone di genere.
Insomma: Dodici è una buona storia, che fa ridere e ha dei passaggi molto belli. Non è perfetta, ma mostra che Zerocalcare sta continuando a cercare di battere strade meno scontate di quelle che molti si aspetterebbero da lui.
Qui facciamo il tifo fortissimo per lui.

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Un ebook per Sergio Bonelli

Immagine di Vittorio Tolu

Come promesso, ecco l’ebook collettivo su Sergio Bonelli, che oggi avrebbe compiuto 79 anni.
Si può comodamente scaricare in pdf, epub o mobi.
Grazie a chi ha condiviso i suoi ricordi e i suoi pensieri. E grazie anche a chi non ha partecipato ma ha diffuso l’appello.
Se per caso questi testi facessero venire voglia a chiunque di buttare giù qualcosa, si può sempre fare la seconda versione :-)

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