L’unico film con Omar Sharif che abbia mai visto è Top Secret!, che come tutti sanno è il più bel film del mondo.
Qualche anno fa, però, all’epoca delle “vignette su maometto” dopo che in una discussione qualcuno mi scrisse “voglio capire tu come faresti della satira sull’Islam” scrissi una roba che aveva il nome dell’attore nel titolo. Non è propriamente satira sull’Islam, o almeno non solo sull’Islam.
Mi è ovviamente tornato in mente e sono andato a ripescarlo. Non sono sicurissimo della mia vena comica, ma mi sembra passabile. Eccolo qui sotto in tutto il suo splendore:
OMARSHARIF IBN GUGLIELMO
Quella mattina, il signor Anselmo Bartoletti, pensionato ottantenne, venne cacciato di casa presto dalla moglie, la signora Luisa Ceccarelli in Bartoletti, sua coetanea, che doveva fare le pulizie di primavera.
«Non tornare prima di mezzogiorno», gli aveva intimato mentre scendeva le scale.
Anselmo aveva guardato l’ora. Erano le otto e mezza.
Sospirando, si era diretto verso l’edicola, aveva comprato il giornale e poi era andato al parco a leggerlo. Dopo mezz’ora si era già stufato, ma le lancette gli dicevano che non erano nemmeno le nove e un quarto. Che fare? Dove andare?
Poi il suo occhio cadde su di una piccola notizia della pagina della città.
“Si inaugura oggi la Festa delle Religioni”, diceva il giornale. E spiegava che in Fiera ci sarebbero stati gli esponenti di diverse religioni che sarebbero stati a disposizione del pubblico per spiegare il loro credo, le loro idee e la loro storia. “Un’occasione di incontro per capirsi meglio”, spiegavano gli organizzatori.
Da lì alla Fiera, calcolò Anselmo, ci volevano venti minuti di bus. Avrebbe potuto spendere un bel po’ di tempo ad andare fin là. E poi avrebbe gironzolato tra gli stand, facendo due chiacchiere con chi lavorava lì. E poi era sempre meglio che andare a vedere gli scavi dei tubi del gas con Galleani e Purselli, come faceva di solito la mattina. Tornò all’edicola, comprò due biglietti e si mise ad aspettare il 54. Poi affrontò i tre gradini del bus, roba da far venire paura anche a uno che aveva il militare negli alpini. Per timbrare il biglietto dovette far scansare un giovanotto che se ne stava appoggiato alla macchinetta obliteratrice. E poi rimase in piedi, troppo orgoglioso per chiedere a qualcuno di cedergli il posto. Dopo venti minuti di accelerazioni assassine, svolte brusche, frenate improvvise e ripartenze da Formula Uno il 54 scaricò i suoi passeggeri davanti ai brutti palazzoni della Fiera, un incubo fascista di cemento armato e vetro che metteva angoscia solo a nominarlo. Erano trent’anni che si pensava di buttarlo giù per rifarlo nuovo, ma nessuno aveva mai presentato un progetto che non fosse ancora più allucinante di quello.
Già provato dal viaggio, il signor Anselmo avanzò a piccoli passi verso la biglietteria, superato a destra e manca da trentenni che avevano fatto tutto il tragitto seduti, guardandolo quasi con schifo.
Pagò otto euro alla cassiera per entrare. Nessuno sconto, di nessun tipo. Conoscersi meglio, pensò, è un’attività piuttosto costosa.