Archivi tag: twitter

Fake!

Fine anni ’90. Il presidente del consiglio, Massimo D’Alema dichiara che se ha qualcosa da dire preferisce andare da Vespa a Porta a Porta per parlare direttamente ai cittadini che non fare una conferenza stampa, che sarà poi stata raccontata attraverso il filtro dei giornalisti.

Inizio novembre del 2011. Poco dopo che Napolitano ha dato a Mario Monti l’incarico di formare un governo, l’account twitter di Palazzo Chigi diventa improvvisamente molto attivo e, per mano dello stesso Mario Monti, offre un incredibile spaccato in presa diretta delle attività del neo-presidente del Consiglio, che spiega ai cittadini la sua ricetta per uscire dalla crisi. Stiamo parlando di una comunicazione di questo tipo:

#Italia è ora di dormire. Domani iniziano i sacrifici.Dormire presto significa risparmiare energia e avere una vita rigorosa e austera.
***
Dopo una frugale e austera colazione mi reco al colle dove incontrerò il Presidente Napolitano. La lista dei salvatori dell’#Italia è pronta
***
Austerità,sacrificio,serietà. Questa la ricetta per recuperare i 20 anni di sprechi. Mi attende un incarico difficile ma sono ottimista.

Un incredibile stacco rispetto alla comunicazione berlusconiana, da parte di un non-politico che calava di colpo nella contemporaneità la comunicazione politica?
Non proprio, perché l’account era un fake, che, come era evidente leggendo i tweet (e tenendo a mente che Monti non era ancora presidente e non poteva avere accesso a un account istituzionale) parodiava le esternazioni di Monti.
La cosa, però, all’epoca suscitò un certo scalpore, perché all’account finto rispondevano, entusiasti, in molti, convinti di stare davvero interagendo con lo stesso Monti.
Di tutta la storia ho scritto diffusamente all’epoca, in un post che purtroppo oggi appare monco perché linkava alcuni Storify oggi inaccessibili dopo la chiusura della piattaforma. Concludevo con una specie di profezia:

Al netto dell’idiozia, del servilismo, dell’ingenuità, dell’analfabetismo nell’uso degli strumenti di internet, molte delle persone che hanno interagito con l’account fake di Palazzo Chigi hanno espresso il desiderio di potere avere un rapporto più diretto con chi li governa (o almeno con uno stagista). Hanno trovato tutto sommato logico che nel 2011 il governo avesse aperto un canale di comunicazione (anche unilaterale) su un social network di grande diffusione.
Non che essere sui social network sia un valore in sé, per le istituzioni. Però in questo senso i molti aspiranti interlocutori di Monti hanno dato un’indicazione delle cose che vorrebbero da chi li governa.
Sembrerà una scemata, ma @palazzochigi ha forse involontariamente fornito ai futuri consulenti di immagine del governo un buon case study da cui partire per valutare eventuali strategie future di comunicazione in rete.
Non male, per una cosa nata FOR TEH LULZ.

Non so bene che cosa stessero facendo Salvini e Morisi nel novembre del 2011 (il profilo di Salvini su twitter era già attivo da otto mesi), ma probabilmente qualche appunto l’hanno preso.
Da luglio, esiste su Twitter un account parodia di Matteo Salvini, che riprende le fotografie di quello originale e aggiusta, specie il poco che basta,  il testo. L’effetto è quello che vedete di seguito:

L’effetto mimetico è impressionante, perché di fatto la comunicazione di Salvini su internet sembra già, per chi è cresciuto abituato a un altro tipo di comunicazione politica, una parodia. Il continuo rilancio di notizie di cronaca, l’occasionale (o per meglio dire ritmata) apertura sulla vita privata ai limiti del buongiornismo, sono elementi che sembrano usciti dalle caricature dei programmi di scuola Guzzanti/Dandini degli anni novanta.
Fa ridere che a un certo punto un debunker come David Puente si senta in dovere di pubblicare una guida per distinguerli che, in sostanza, dice: “leggete”.

Lo fa perché, anche in questo caso, nonostante sette anni dal fake di Monti, c’è gente che con il fake di Salvini si complimenta o si incazza.
Il capolavoro è stato quando si è scomodato Luca Morisi per segnalare il fake e subito sotto è comparso il suo fake, Luca Monisi – se i due account sembrano uguali è perché nel font di twitter I e l appaiono uguali, quindi uno è (tutto minuscolo) lumorisi, l’altro iumorisi (con la i maiuscola).DmhSV-lXcAAVSah

In giro avrete trovato lo scambio qui sopra ripubblicato come prova di quanto è rintronato Morisi, a dimostrazione che nessuno, per quanto siano buone le sue intenzioni, è immune dal prendere delle cantonate, se soddisfano quello che vorrebbe vedere.

Questi fenomeni hanno il pregio di mostrarci quale sia la superficialità e per certi versi l’automatismo con i quali consultiamo i nostri cosi social: nel flusso delle immagini, un Salvini o un Morisi praticamente uguali agli originali ci sembrano gli originali. Un like o una reazione indignata sono meccanismi che scattano quasi automatici davanti a certi interruttori: una foto, certe parole chiave. Confesso che pure io a volte quando vedo nella timeline di twitter il finto Salvini ho un momento di smarrimento e mi domando perché ho Salvini sulla timeline.

Tutto questo fa parte dell’enorme problema che i social stanno creando al modello classico della sfera pubblica, uno dei pilastri di quella che abbiamo sempre chiamato epoca moderna. Questo modello prevedeva che cittadini che hanno formato una propria opinione sullo stato delle cose grazie ai mezzi di informazione prendano delle decisioni attraverso le consultazioni elettorali. È chiaramente un modello ideale, perché da sempre i mezzi di informazione non sono neutrali e nessuno prende decisioni solo in base alla propria razionalità.
Ma il modo in cui i social sono diventati un unico canale che fonde in un flusso continuo notizie, intrattenimento e relazioni personali sta progressivamente facendo diventare ancora più ristretti i tempi di assimilazione delle informazioni. È un fenomeno che esiste già dai tempi dei giornali (“ma tanto la gente legge solo i titoli”), ma che ora si è amplificato: leggiamo centinaia di “soli titoli” al giorno, in un mondo sempre più complicato e con margini di manovra sempre minori.
E molti, moltissimi di questi “titoli” sono pura e semplice propaganda, che arriva direttamente dagli stessi politici.
La cui presenza sul web è ormai indistinguibile da quelli che, anni fa, erano delle parodie.

ps: nei fake, una menzione speciale per la straordinaria Federica Ciaccheri, strepitoso calco dei tifosi renziani.

Lascia un commento

Archiviato in internet, politica, società

Alcune cose che ho imparato da un fake

L'ufficio di Mario Monti a Palazzo Chigi

Secondo voi la prima preoccupazione di Mario Monti il 9 novembre 2011, appena è stata annunciata la volontà di Napolitano di nominarlo senatore a vita è farsi consegnare da Berlusconi la password di un improbabile account di twitter intestato a Palazzo Chigi?

Se pensate di sì, non siete da soli.
La vicenda di @palazzochigi (ora @PChigi) l’account fake di Mario Monti su twitter è stata un bel reagente che ha suscitato reazioni interessanti sull’uso che gli italiani fanno della Rete.
Per un riassunto esauriente di quello che è successo, il punto di partenza è questo Storify di Uomoinpolvere, che contiene i link a tutto quello che dovete sapere.
Per i frettolosi, un riassunto per sommissimi capi: @palazzochigi esisteva dal 2009 e risultava “intestato”  a Silvio Berlusconi. Il 9 novembre del 2011 è passato sotto la guida di Mario Monti e ha iniziato un’intensa attività di diffusione di messaggi che inneggiavano a sobrietà, austerità e rigore:

Austerità,sacrificio,serietà. Questa la ricetta per recuperare i 20 anni di sprechi. Mi attende un incarico difficile ma sono ottimista.
#Italia è ora di dormire. Domani iniziano i sacrifici.Dormire presto significa risparmiare energia e avere una vita rigorosa e austera.
Dopo una frugale e austera colazione mi reco al colle dove incontrerò il Presidente Napolitano. La lista dei salvatori dell’#Italia è pronta
È abbastanza facile rendersi conto che sia un fake: Monti non è ancora presidente del consiglio, quindi figurarsi se riterrebbe austero e rigoroso emettere già messaggi come se lo fosse. Però d’altro canto lo stile potrebbe trarre in inganno, i messaggi sono perfettamente in character e sono i giorni in cui mezza Italia è in preda all’euforia di incontrare il nuovo capo.
E quindi succede che un sacco di gente inizia a rispondere come se stesse parlando con il vero Monti.
È un tripudio di auguri di buon lavoro, complimenti per essere su twitter, richieste, anche qualche dubbio. A un certo punto chi si occupa di tenere traccia delle risposte più esilaranti getta la spugna e affida il tutto a un servizio automatico, che tanto nel mucchio si trovano comunque perle gustose.
GRANDE @palazzochigi, decisamente al passo con i tempi il che per i ns. tempi è piuttosto raro
@palazzochigi Complimenti per l’apertura di questo. Finalmente qualcosa di nuovo dopo anni di power point auto celebrativi in prima serata..
@palazzochigi fra lo stile monastico dei primi benedettini ed il vivere quotidiano di un uomo sobrio. Piacevolmente stimolante. Buon lavoro
(ho levato gli autori per carità, ma ai link trovate tutto)
In tutto questo, già il 16 novembre era online un articolo che ricostruiva la vicenda del fake, facilmente reperibile cercando “fake palazzochigi” su google. Ma nel frattempo, il 14 novembre, Andrea Sarubbi, parlamentare PD, aveva già chiamato le guardie:

http://twitter.com/#!/andreasarubbi/status/136037194988142593

La sera del 20 novembre @palazzochigi è stato chiuso, non si sa se a seguito di questa segnalazione alla polizia postale o perché le segnalazioni di utenti che una volta scoperto il fake si erano sentiti oltraggiati hanno superato la soglia critica che fa attivare gli automatismi di cancellazione.
Segue, ovviamente, dibattito.
I sostenitori di @palazzochigi rivendicano la legittimità dell’account perché il contenuto dei messaggi, con il loro ossessivo insistere su quelle due o tre parole d’ordine, la storia dell’account e la diffusione dell’informazione della sua natura “non realistica” facevano capire di che cosa si trattava esattamente.
Da parte di chi applaude la chiusura, invece, si denuncia la “confusione” che quell’account creava negli utenti e si paventa anche un reato di furto di identità. In controluce, anche se mai esplicitata, siamo in molti a credere che chi ha agito così non vedeva di buon occhio un perculamento di Monti. Del resto, l’account ha funzionato a pieno regime tra il maggio del 2010 e il maggio del 2011 a firma “Silvio Berlusconi” senza che nessuno avesse da ridire.
Mi sono ripromesso di usare il meno possibile la parola “satira” perché in questi dieci anni l’abbiamo consumata così tanto che ormai non serve più a nulla, quindi dirò che secondo me @palazzochigi operava su due piani: quello dello scherzo, perché comunque il suo intento era quello di fare credere, almeno per un attimo, che si trattasse davvero di un account ufficiale e quello della critica al discorso politico di Monti e alla sua ricetta. Una volta che ti rendi conto che quello non può essere il vero Monti, ciò che scrive – che è simile a quello che dice il vero Monti – aiuta a far vedere di che cosa parliamo quando parliamo di governo Monti (probabilmetnte): un gruppo di compiti signori che con molto garbo e savoir faire si apprestano a operare una cura medievale sui nostri culi, se posso citare Tarantino senza venire accusato di omofobia (mi inquietano le cure medievali a prescindere, su qualunque parte del mio corpo possano venire applicate). Inoltre: chi parla di possibilità di confusione tra Monti e il suo fake implicitamente ammette che il nuovo PresDelCons (Prof. Dott. Arch. Lup. Mann. PresDelCons, scusate) è indistinguibile da una sua caricatura fissata con austerità, rigore e frugalità che raccomanda ai cari dip… ai concittadini, scusate, di andare a letto presto. E questo è un effetto implicito divertentissimo di cui questa gente non si rende conto.
Insomma, se poi volete usare quella parola là consumata per brevità va anche bene, ma sappiate che io la intendevo così.
Quindi per me l’account poteva benissimo restare dov’era. Purtroppo twitter, regolamento alla mano, poteva tranquillamente obliterarlo; ma non è detto che ciò che è legittimo per i TOS di un servizio sia pure giusto (“ho letto e accetto le condizioni” è la più diffusa menzogna del web).
Tra l’altro questa vicenda ha fatto emergere uno dei lati di twitter che meno sopporto, vale a dire tutto quel sottobosco di professionisti del web trenta-quarantenni che comunicano a cancellettate spiritose (già il #sapevatelo del post di Sarubbi è da mettere mano alla Luger), tipo quelli riuniti sotto il nome di SocialEroi (che la Lipperini ribattezza efficacemente “tecnoesaltati“). Tutti coalizzati a colpi di “come siamo corretti, come siamo social” per fare chiudere una roba che non faceva del male a nessuno.
Ma del resto non è niente che non abbia già visto da vicino.
Un paio di anni fa un mio amico, dopo non mi ricordo più che uscita papale sulle radici cristiane, aprì un gruppo su facebook chiamato “Difendiamo le radici cristiane – No alle cifre arabe nella scuola”. In pochissimi giorni si trovò 10.000 iscritti; solo che mentre fino a una soglia x gli iscritti erano praticamente tutte persone abbastanza istruite da capire il senso della cosa, a un certo punto iniziarono ad arrivare persone che, in un senso o nell’altro non avevano capito nulla. Il manifesto partiva serio ma svaccava già alla prima parentesi, per poi partire nell’assurdo e chiudersi nell’assurdo (lo riporto per intero perché è un gioiello a cui vorrei avere pensato io):
Rimediamo all’errore commesso dai nostri antenati quando, con il loro permissivismo, hanno lasciato che l’Islam venisse a minare le profonde radici CRISTIANE! dell’Europa e dell’ITALIA!, imponendoci le sue CIFRE ARABE! (Poi, poco importa se il sistema di numerazione decimale-posizionale ha avuto origine in India, non mi sembra il caso di alzare inutilmente il livello della dissertazione e fare, chessò, della cultura.)

Essì! EBBRAVI! Ieri le cifre arabe, domani il BURQA?
Meglio un uovo oggi che una GALLINA domani? Perché ogni tanto enfatizzo parole alla cazzo scrivendole in MAIUSCOLO?

Sono venuti ad instillare il veleno del numero zero nelle nostre menti, ma io dico che è ora che BASTA!!! TORNIAMO AI NUMERI ROMANI!!! Per svariate ragioni:

I – così posso scrivere “primo” con UNA LETTERA SOLA;

II – è un sistema di numerazione additivo, e “addittivo” ti fa capire che non può che diventare sempre PIU’ GRANDE!;

III – l’hanno inventato i ROMANI!, che si sa, sono i fondatori della nostra GRANDE PATRIA! (Tutti sanno che Cavour era Primo Ministro di GIULIO CESARE!);

IIII (anzi, no IV, via, ma quant’è ganza ‘sta numerazione!) – che i ROMANI! sono anche i fondatori del CRISTIANESIMO!, infatti se non fosse stato per loro Gesù non l’avrebbero crocifisso, magari l’avrebbero lapidato e adesso anziché farci il segno della croce ci tireremmo I SASSI! (E chissà poi cosa ci sarebbe appeso NELLE AULE!);

V – per Vendetta!;

VI – perchè con i numeri ROMANI! esami come Analisi Matematica non sono più fattibili e ce li togliamo DALLE PALLE!

DIFENDIAMO LE RADICI CRISTIANE! TUTELIAMO LE NOSTRE TRADIZIONI! RESPINGIAMO I MOSTRI DI VEGA! COMBATTIAMO LE DOPPIE PUNTE! Non vogliamo le cifre arabe, ISLAMICHE! E nemmeno la filosofia greca, PAGANA! E neanche la geometria di Euclide, GRECO quindi PAGANO! E neppure la chimica, che gli alchimisti sono ADEPTI DI SATANA! E nemmanco la scrittura, inventata dai Fenici ADORATORI DI BAAL!

ONORE E GLORIA!

STATO E FAMIGLIA!

CASA E CHIESA!

SALSA E MERENGUE!

DUNGEONS E DRAGONS!

Ecco, a un certo punto sula bacheca iniziarono a comparire messaggi di fascisti che inneggiavano alle radici cristiane convinti di essere tra loro simili e di gente che la pensava come chi amministrava la pagina ma che non aveva capito nulla del suo vero contenuto. Com’è come non è, nel giro di dieci giorni la pagina venne chiusa per segnalazioni, verosimilmente dopo una “crociata” di segnalazione da parte di quelli che teoricamente dovevano essere dalla “nostra” parte (dico nostra perché nel frattempo ero diventato amministratore). Il gruppo è poi stato ricreato, ha una dimensione più contenuta e non ha più avuto problemi.

Insomma, la divagazione per dire che internet, purtroppo o per fortuna, non è già più quello “di una volta”. L’aumento di gente che si avventura nella “parte abitata del web” fa  sì che i codici che prima credevamo diffusi non lo sono più così tanto (scusate il tono da veterano, che mi fa anche un po’ ridere; ma tutto sommato in tredici anni di uso del web e sette di blog qualcosina ho visto cambiare – e chi è in rete da ancora prima ne avrà visto ancora di più). E quando le cose che richiedono la decifrazione di codici complessi tra role playing, verità, menzogna, mascheramento e quant’altro (you can quadrato semiotico anything you want) escono dalla cerchia di persone per cui sono state pensate e arrivano a un pubblico più ampio i risultati sono spesso disastrosi per chi è “di nicchia”. Tra l’altro twitter, con la recente invasione di volti della tv (Fiorello che da della rosicona a Sabina Guzzanti! Jerry Scotti! E chissà quanti altri a breve) rischia di diventare facilmente il nuovo facebook (finché stanno lontani da tumblr possono fare quello che vogliono).

Però c’è un però.
Al netto dell’idiozia, del servilismo, dell’ingenuità, dell’analfabetismo nell’uso degli strumenti di internet, molte delle persone che hanno interagito con l’account fake di Palazzo Chigi hanno espresso il desiderio di potere avere un rapporto più diretto con chi li governa (o almeno con uno stagista). Hanno trovato tutto sommato logico che nel 2011 il governo avesse aperto un canale di comunicazione (anche unilaterale) su un social network di grande diffusione.
Non che essere sui social network sia un valore in sé, per le istituzioni. Però in questo senso i molti aspiranti interlocutori di Monti hanno dato un’indicazione delle cose che vorrebbero da chi li governa.
Sembrerà una scemata, ma @palazzochigi ha forse involontariamente fornito ai futuri consulenti di immagine del governo un buon case study da cui partire per valutare eventuali strategie future di comunicazione in rete.
Non male, per una cosa nata FOR TEH LULZ.

Se siete arrivati fino a qua meritate un premio (un fake che genera confusione e che andrebbe bannato):

26 commenti

Archiviato in internet, politica, società

Io mi vergogno.

http://twitter.com/#!/AliTweel/status/39769329025155072

Come si seguono gli eventi nel 2011?
Su Twitter. Io con Twitter non è che vada molto d’accordo. Ma per ricevere aggiornamenti in tempo reale è imbattibile.
E purtroppo finisci per sapere delle cose che avresti preferito non sapere.
Per esempio, oggi pomeriggio ha iniziato a diffondersi la voce che ci sarebbero mercenari italiani alla guida dei veicoli che hanno bombardato i manifestanti a Bengasi:

http://twitter.com/#!/acarvin/status/39737829546270720

E quando l’ho letto, ho provato vergogna.
La vergogna perché anche se l’ipotesi (che all’inizio prevedeva addirittura aerei italiani) è abbastanza improbabile, lo stesso non si può dire che non abbia una sua verosimiglianza.
Berlusconi è o non è il grande amico di Gheddafi? Non ha detto che non vuole disturbarlo? Il nostro ministro degli esteri Frattini (tutte le volte che lo scrivo devo rileggerlo) non ha mostrato un olimpionico disinteresse per Tunisia, Egitto e Libia (arrivando a frenare sul documento europeo)?
E poi: vi ricordate qualche mese quando una motovedetta libica ha sparato a un peschereccio sicilano? Vi ricordate che a bordo c’erano uomini della Guardia di Finanza, che urlarono ai pescatori “fermatevi o questi vi sparano”? Ecco. Questo mi fa pensare che non fosse la prima volta che quei finanzieri vedevano i soldati libici sparare addosso a della gente. Quindi forse in Libia una mezza idea che i nostri soldati stiano mano nella mano a quelli di Gheddafi hanno anche ragione ad avercela.
E non parliamo del fatto che i libici fanno per l’Italia il lavoro sporco di ricacciare indietro le persone che dall’Africa cercano di raggiungere l’Italia, con metodi che oggi, con bande di mercenari che sparano sui cittadini libici in giro per Tripoli non possiamo neanche lontanamente fare finta di non potere immaginare.
E il passato coloniale (e chissà dove saranno mai finiti i soldi del risarcimento dei danni di guerra…).
Insomma, se c’è un Paese del Mediterraneo nei confronti del cui popolo abbiamo, credo, dei doveri morali, quello è la Libia. E invece, l’atteggiamento del nostro governo (terrorizzato dall’idea di trovarsi l’invasione di clandestini che Gheddafi ha più volte paventato) fa sì che sia facilissimo per noi essere visti come dei complici ben più attivi di quanto non siamo.
Poi. Io credo di essere più o legittimato a non potermi aspettare che nel giro di un mese il nord Africa mediterraneo subisca degli stravolgimenti politici; ma il nostro governo? Sono anni che se la tirano che sono i fighi della politica estera worldwide e poi dall’altra parte di uno stagno salta tutto per aria e  loro si fanno beccare con le braghe calate?
E quindi, prima ancora dei processi, è per questo che dovrebbero volare teste nel governo, dal capo in giù: perché sono degli inetti. Perché non sanno nemmeno mettersi d’accordo su una giornata una tantum di festa nazionale. Perché hanno mentito per anni dicendo che la crisi non esisteva, poi che esisteva ma che non toccava l’Italia, poi che toccava l’Italia ma ne eravamo fuori e poi che…
Io non è che mi preoccupo per l’immagine dell’Italia all’estero. Non più di tanto. Mi preoccupo per lo stato dell’Italia in Italia. Il resto viene dopo.
Mi preoccupo perché vivo in un paese che può essere considerato senza sforzi di fantasia complice di un capo di stato che sta facendo ammazzare la sua stessa gente.
Il che vuol dire che forse la mentalità di chi ci governa non è poi così diversa da quella di Gheddafi.

7 commenti

Archiviato in politica, società