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Verso Oriente – Ultimo giorno a Katmandu (8.5)

24 agosto 2019. Ultimo giorno a Katmandu sul serio, visto che la sera abbiamo l’aereo.
Per concludere l’esperienza con qualcosa di local, come dicono i travelblogger seri, abbiamo prenotato un corso di cucina alla mattina, presso la Nepal Cooking School, a Thamel. Tra l’altro, i ricavi della scuola finanziano programmi sociali dedicati alle persone del posto.
Il corso dura dalle 9 alle 13 e prevede anche una gita al mercato per acquistare gli ingredienti. Quindi, senza neanche pensarci, ci facciamo la nostra bella colazione da albergo, immaginando che poi alle 13 si mangi quello che si è preparato durante la mattinata.
Raggiungiamo la scuola, il che ci dà la possibilità di entrare in uno di questi condominii di Thamel, dalle scale strette e buie. La scuola invece è un bello spazio luminoso, dai colori chiari, con un grande tavolo già apparecchiato per tre, perché per il turno della mattina siamo noi due e una ragazza malese (no, non lo ho chiesto se avesse mai sentito parlare di Sandokan o se la parola “stivaletto” le mettesse terrore).
Facciamo conoscenza con la nostra insegnante, che è una ragazza giovanissima (avrete ormai capito che non scrivermi da nessuna parte i nomi delle persone è una precisa scelta stilistica, non una dimenticanza), e le sue assistenti (che sono ancora più giovani) ed è già il momento di andare a fare la spesa.

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Verso Oriente – Bhaktapur e Patan (8.3)

Il 22 agosto partiamo di buon’ora dall’albergo con la guida e l’autista per percorrere i 13 chilometri circa che separano Katmandu da Bhaktapur.
Fondata nel XII secolo dal re Ananda Malla, fu la capitale del Nepal da XIV al XVI secolo. La cosa buffa, se si guarda una mappa della Valle di Katmandu, è che c’erano tre città in un fazzoletto di terra, ciascuna capitale di un proprio regno e in competizione le une con le altre.
Se oggi lo sviluppo di Katmandu ha finito per inglobare Patan, Bhaktapur resta ancora un centro autonomo e, per molti versi, meno frenetico e caotico della capitale.

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Verso Oriente – Katmandu (8.2)

L’area di Durbar Square a Katmandu porta ancora, inevitabilmente, i segni del terremoto del 2015, che ha fatto strage dei templi e degli altri edifici. C’è una pagina wikipedia che dà un colpo d’occhio della situazione, con foto del prima e del dopo.
Visitiamo l’antico palazzo reale di Katmandu, ma in questa fase sono ancora troppo preso dall’ambientarmi in questo nuovo mondo per prendere nota (o ricordare) bene i particolari architettonici o storici. Ne parleremo, però, più avanti, perché le Durbar Square delle tre antiche città stato della valle (Katmandu, Bakthapur e Patan) sono molto simili e ci sarà modo di rifarsi.
Camminando lì attorno, il caos di colori, rumori e odori è la cosa che resta più impressa. Le statue delle divinità sono ravvivate dalla polvere colorata, gialla e rossa, che le persone vi spargono sopra – in un caso lo vediamo in diretta, un signore che si ferma un attimo per spalmare qualcosa su Ganesh, come da noi ci si farebbe il segno della croce davanti a un’edicoletta con la Madonna. Il sentimento religioso è simile, la differenza che qui la statua sacra non è intoccabile ma ci si interagisce direttamente.

Il caro vecchio Ganesh, protettore degli inizi e della creazione
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Verso Oriente – Katmandu (8.1)

La prima giornata a Katmandu si apre con una colazione come Dio comanda, nella quale l’unico ostacolo è la competizione con una folta compagnia di famiglie indiane che devono avere fatto un master in “Lotta al buffet” in Italia. C’è da dire che le signore hanno degli abiti bellissimi e colorati a cui si perdona un po’ tutto. Sopravvissuti all’ordalia, nonostante un curioso equivoco di Lucilla che butta sui cereali una cucchiaiata di quello che credeva yogurt e invece era salsa all’aglio, siamo pronti per fare la conoscenza con la nostra nuova guida, Hiragyan.
Hiragyan è un signore dall’aria molto compita, basso e compatto, che parla italiano con un accento che, come ci aveva anticipato il giorno precedente la signora dell’agenzia che era passata a salutarci in albergo, ricorda un po’ quello tedesco. Hiragyan è un newari, l’etnia originaria della valle di Katmandu; lo stesso nome “Nepal” deriva da “newar”. Tra le altre cose, sono stati i newari a inventare la pagoda, che dalla valle di Katmandu si è diffusa, riadattata, in tutta l’Asia.
Abbiamo anche un nuovo autista, un ragazzo giovane con cappellino con visiera incorporato che ha tutta l’aria di quelle che in un film su una rapina dice “io guido e basta”. Un po’ un Ryan Gosling di Drive nepalese, ecco.

Lui sulla macchina non ha Ganesh, ma un Buddha avvolto in una sciarpa rossa
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Verso Oriente – da Jilongzhen a Katmandu (7)

Jilongzhen.
Interno di una stanza d’albergo. Attorno all’alba. Lucilla e io, vestiti, con il cappuccio della felpa tirato sulla testa, stiamo aspettando fino all’ultimo per alzarci e prepararci. Abbiamo dormito poco e male. Per la seconda notte di seguito. Ma mentre quella prima almeno eravamo ai piedi del Monte Everest, qui siamo in una brutta cittadina di confine, in un albergo che fa venire voglia di una doccia di decontaminazione ancora più che la gita a Chernobyl dell’ultimo giorno del 2017. E ha piovuto, forte, per tutta la notte. Tuoni, lampi, tutto il repertorio
All’improvviso, bussano alla porta.

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