Archivi del giorno: 20 aprile 2024

Esistono canzoni che non esistono

L’altro giorno mi è passato sotto gli occhi un thread su X (il circo a tre piste che ha sostituito quello strumento non perfetto ma utile che era Twitter) dedicato alle migliori canzoni che “esistono” solo in film o serie tv. Per intenderci, non tanto quelle scritte appositamente per la colonna sonora, ma quelle che vengono scritte o eseguite dai personaggi e hanno un qualche ruolo nella storia.
Siccome l’idea è carina, la parassito per fare un post (senza un ordine particolare)

The Wonders – That thing you do!
Sta in un film del 1996 diretto da Tom Hank, Music Graffiti. Lo beccai una volta già iniziato in tv e rimasi a guardare perché c’era Liv Tyler. È la storia di ascesa e crisi di un gruppo fittizio degli anni sessanta, uno dei tanti complessi nati in America sulla scia dei Beatles, che azzecca questo singolo pazzesco. Scritta da Adam Schlesinger (Fountain of Youth), That thing you do! è un perfetto pastiche beatlesiano, al punto che è difficile non pensare che fosse un vero singolo dell’epoca. I riferimenti beatlesiani si estendono anche alla vicenda della canzone: nata come uno slow, esplode quando viene velocizzata – come Please Please Me.
Trad. – Good Ol’ Shoe
Wag the Dog, in italiano criminalmente intitolato Sesso e Potere (si parla molto di potere e nulla di sesso) è una satira molto pungente su un presidente americano che, aiutato da un cinico esperto di comunicazione (Robert De Niro in cosplay da Umberto Eco), inventa una guerra (inesistente) per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da uno scandalo. A un certo punto della storia, come sostengo emotivo alla storia di un soldato caduto prigioniero del nemico, viene fatta incidere una canzone folk con un vago collegamento con la vicenda per poi farla “ritrovare” nella biblioteca del Congresso come pezzo registrato negli anni Trenta. La cosa straordinaria è che la gente inizia a “ricordare” di avere sentito canticchiare il pezzo dal nonno, tipo. Film ancora molto bello, da recuperare assolutamente. Il vero autore di Good Ol’ Shoe è Edgar Winter.
The Rutles – Goose Step Mama
Restando in ambito beatlesiano, ai Rutles e al loro mockumentary “All you need is cash” avevo dedicato un post secoli fa. In generale, lo scimmiottamento dello stile dei Beatles è perfetto, prendo Goose Step Mama ma poteva essere qualunque altra.

PoP – Pop! Goes My Heart
Sta in Scrivimi una canzone, film del genere “commedia romantica con Hugh Grant”, in cui il mio Dylan Dog mancato preferito interpreta un cantante che aveva avuto un (nel senso di uno) successo enorme negli anni 80 per poi svanire nel dimenticatoio. La canzone è divertente, ma il video whammeggiante e carico di rimandi ad altri di quel decennio (compresa una sorprendente citazione del video di Breaking the Law dei Judas Priest) è imperdibile.

Drive Shaft – You all everybody
Chi ha perso dietro a Lost i migliori anni della propria gioventù non può dimenticare i Drive Shaft e la loro hit, presa di peso dal catalogo dei fratelli Gallagher.
Steel Dragon – Blood Pollution
Rockstar, con Mark Whalberg e Jennifer Anniston, è un filmaccio. Il tentativo di raccontare una storia ispirata alla sostituzione nei Judas Priest di Rob Halford con il cantante di una loro cover band, Tim “Ripper” Owens, ha avuto un esito abbastanza deludente, piena di cliché noiosi. Per fortuna la colonna sonora, tra cover e inediti, è invece godibile. Tra l’altro, alla chitarra c’è Zakk Wylde e alla batteria Jason Bonham.
Community – Dean’s Rap
Community è forse la mia sitcom preferita, per i suoi alti vertiginosi che riescono a far perdonare anche le ultime stagioni meno brillanti. Questo è uno dei momenti musicali più straordinari.
Infant Sorrow feat. Jackie Q – African Child
“La terza cosa peggiore mai successa all’africa, dopo guerre e carestie”, da In viaggio con una rockstar, è un gradevole pezzo pop “impegnato”, con un altro video perfetto.
Dewey Cox – Black Sheep
Walk hard, criminalmente ignorato dal grande pubblico, è la parodia definitiva dei biopic musicali, al punto che non capisco come sia possibile che continuino a farli tutti allo stesso modo dopo che nel 2007 tutti i loro trucchi erano stati ridicolizzati in modo così preciso. A ogni modo: usando come canovaccio la storia di Johnny Cash, Walk Hard racconta la lunga vita di Dewey Cox, che partendo dal country attraversa nei decenni tutti i generi (a volte anticipandoli, come quando scopre la cocaina e per un pomeriggio inventa il punk negli anni sessanta – un po’ come in Get Back si scopre che i Beatles nel pomeriggio in cui restano senza George Harrison sfogano la rabbia suonando qualcosa che assomiglia molto al futuro noise rock). Black Sheep fa parte del periodo psichedelico di Dewey, ispirato allo sbarellamento di Brian Wilson dei Beach Boys. La fedeltà al modello è garantita dal fatto che è scritta da Van Dyke Parks, che di Wilson è stato spesso collaboratore (anche in quegli anni).
Spinal Tap – Tonight I’m gonna rock you Tonight
E come si fa a non citare gli Spinal Tap? La credibilità del mockumentary che li vede protagonisti nasce anche da quanto le canzoni siano sì stupide ma musicalmente ben calibrate sui canoni dei generi che vogliono sbeffeggiare. Cosa che con il Metal fine anni settanta / inizio anni ottanta viene particolarmente bene.
Phoebe Buffay – Smelly Cat
Me l’ero in prima battuta dimenticata, ma forse è la canzone finzionale più influente e duratura di tutte, al punto che Lisa Kudrow è riuscita a farsi accogliere pure dal pubblico di Taylor Swift – cioè circa una generazione dopo l’epoca d’oro di Friends.

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