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“Mio cugggino ha fatto questo e quello”: Il conte Attilio, di Claudio Paglieri

I Promessi Sposi è ambientato negli stessi anni dei Tre Moschettieri, in un periodo di intrighi internazionali, guerre, avventurieri, soldati di ventura e spadaccini, ma non ce ne si accorge perché Manzoni – per tutte quelle questioni di poetica che certamente ricordiamo tutti dai tempi delle superiori (…) – scelse di tenere quel mondo ai margini della sua storia.
Però ci sono dei personaggi che hanno vissuto, o ancora vivono, in quel mondo: Fra Cristoforo ne ha fatto parte, l’Innominato e Don Rodrigo ne fanno parte. E poi c’è il conte Attilio.

Attilio, secondo da sinistra, discute con Fra Cristoforo

Attilio è il cugino di Don Rodrigo, vive a Milano ed è pienamente immerso nel mondo dei nobili. È lui, per certi versi, il motore delle sventure di Renzo e Lucia, perché scommette con il cugino che non riuscirà a sedurre la ragazza, poi muove le sue pedine (il famoso “conte zio”) per far trasferire Fra Cristoforo, che ha intralciato il rapimento con cui Don Rodrigo sperava di vincere la scommessa.

Insomma, nel mondo di Manzoni, Attilio è una carogna fatta e finita – uno di quelli di cui la peste fa pulizia, senza neanche la dignità di una morte in scena.

A Claudio Paglieri, scrittore genovese autore della serie di romanzi gialli che ha per protagonista il commissario Marco Luciani, invece Attilio è sempre stato simpatico, tanto da farne il protagonista di un funambolico prequel cappa e spada del romanzo manzoniano, appunto Il conte Attilio. Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di mimetismo manzoniano: il romanzo di Paglieri è un romanzo d’avventura, picaresco, in cui si avvicendano viaggi, avventure, conquiste amorose, truffe fatte e subite, agguati e tradimenti. Allo stesso tempo, però, rispetta l’attenzione manzoniana alla Storia, intrecciando le vicende dei personaggi con quelle dell’impero spagnolo (alle prese con guerre di religione e crisi finanziarie) e della sua alleata, Genova.
Non solo: Paglieri si rifà a un’interpretazione che vede nella famiglia di Don Rodrigo la trasposizione letteraria di una casata con cui quella di Manzoni ebbe rapporti molto tesi durante il XVII secolo, quindi è forse il primo caso di prequel di un romanzo in cui tra gli antagonisti ci sono gli antenati dell’autore del romanzo originale.
In mezzo, si trova un divertito uso di citazioni dirette di espressioni famose dei Promessi Sposi (oltre a vedere in diretta la bastonatura di un messaggero di cui si parla nel capitolo in cui Cristoforo si ritrova a tavola con Don Rodrigo e Attilio), in mezzo ad altre cose più contemporanee (c’è una sequenza che sta a metà tra Lady Hawke e Il laureato, ma ci sono anche echi della trilogia di Magdeburg di Altieri e un richiamo diretto al Tulipano nero* di Dumas).

Forse ogni tanto al buon Attilio, che scopriamo spregiudicato ma in fondo dotato di buon cuore e ben più onorevole di altri suoi contemporanei, tocca in sorte più fortuna di quella che sarebbe accettabile (nella texwilleriana sequenza del furto ai danni dei Balbi, per esempio) ma il romanzo è divertente, fila come un treno e fa venire voglia di leggerne il seguito. Non nel senso dei Promessi Sposi (che è comunque un libro molto migliore del ricordo che ce ne ha lasciato la scuola, come ho scoperto ascoltando qualche tempo l’audiolibro interpretato da Paolo Poli) ma nel senso di quello che l’autore lascia intravedere nel finale aperto e nelle note conclusive; un romanzo che dovrebbe a questo punto scorrere parallelo alle vicende manzoniane e che si prospetta interessante.

A questo punto ci vorrebbe, complice il 150° della morte di Manzoni, la nascita di un vero e proprio Manzoniverse: il passo successivo dovrebbero essere le vicende di Fra Cristoforo prima di diventare frate, e poi ovviamente la grande epopea dell’Innominato.

* Nonostante l’omonimia con un famoso sceneggiato televisivo e con un cartone giapponese la cui vera protagonista era invece la Stella della Senna (<3), il romanzo di Dumas non è una vicenda di cappa e spada ma una bizzarra storia di avventura “botanico-finanziaria” ambientata durante il boom del mercato dei tulipani in Olanda.

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