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Adelphi in offerta 2020 – qualche consiglio

Dal 16 gennaio al 15 febbraio i libri Adelphi sono scontati del 25% più o meno ovunque (come da Legge Levi, che permette agli editori una campagna simile per un mese all’anno).
Di tutte le promozioni del genere è forse quella nella quale finisco per spendere più soldi perché i libri Adelphi coprono una gamma di argomenti (tra saggistica e narrativa) spesso poco frequentata da altri editori e, cosa non trascurabile, sono molto belli. Si può dire molto sul fatto che l'”identità Adelphi” finisca a volte per schiacciare quella dei singoli volumi, però resta il fatto che Adelphi resta una delle poche case editrici “come una volta”: non fa parte di un grande gruppo, ha un’identità ben marcata portata avanti con precise scelte di catalogo. Roberto Calasso ha spiegato la genesi e le scelte della casa editrice in uno scritto che si trova sul sito di Adelphi, I libri unici.
Nel caso possa interessare a qualcuno, di seguito segnalo qualche libro interessante, secondo alcuni criteri:
– i libri sono in ordine casuale, non è una classifica o altro;
– sono scelte personali. Non pretendo di fare un “il meglio di”, non ne ho le competenze e nemmeno l’intenzione. Sono libri che magari potrebbero passare inosservati o essere ritenuti troppo ostici (il difetto delle edizioni di Adelphi è che a volte sembrano presentare tutto come molto più “alto” di quanto non sia). Credo che segnalare i volumi di Carrère o La versione di Barney sia superfluo;
– sono tutti libri che ho letto, in italiano o in originale.

I link sui titoli rimandano ad Amazon e sono sponsorizzati, per cui io ricevo una piccola commissione su eventuali acquisti – senza alcun costo aggiuntivo per chi compra; se potete, la cosa migliore è andare a comprarli in qualche libreria che vi piace (qui sono elencate quelle “di fiducia” della casa editrice), magari approfittando del link amazon per leggere gli incipit, visto che molti hanno l’edizione ebook. Gli incipit si trovano anche nelle schede dei libri sul sito Adelphi, da cui possono essere ordinati.
A ogni modo, al di là dei “consigli per gli acquisti” questo post è anche una scusa per tornare a scrivere almeno un po’ di libri su questo blog, dopo tantissimo tempo che non lo facevo.

Ferenc Karinthy – Epepe

Un linguista diretto a un convegno sbaglia aereo e finisce in una città sconosciuta di cui ignora e non riesce a comprendere ogni cosa: la posizione, gli usi, i costumi e, soprattutto, la lingua. Epepe è un lungo incubo a occhi aperti, l’estremizzazione della sensazione che chiunque viaggi ha provato almeno una volta nella vita (Karinthy lo scrisse dopo un viaggio in Giappone negli anni Cinquanta). Sembrerebbe materia buona per un racconto e invece la storia dei tentativi del protagonista per uscire dalla sua situazione regge benissimo sulla lunghezza.

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Un gatto

In questi giorni sto leggendo I due allegri indiani, un incredibile romanzo-rivista di Rodolfo J. Wilcock, scrittore italo-argentino. Il romanzo è un caleidoscopio di invenzioni, che riproduce i trenta numeri di una rivista di equitazione, “Il maneggio”, nella quale un autore che continuamente adotta nuovi nomi porta avanti un romanzo a puntate ambientato tra gli indiani. Ma questi “indiani” sono contemporaneamente gli italiani, gli indiani d’America e quelli propriamente detti dell’India – con un effetto spiazzante e comico. Allo stesso tempo, ci sono le lettere dei lettori, i retroscena di un esperimento di scrittura collettiva quando chi entra nella società acquistando delle quote ha possibilità di scrivere nuovi capitoli della storia… devo ancora finire, ma è una follia che spesso fa molto ridere e che ti toglie la terra da sotto i piedi.
Incuriosito dall’autore, sono finito sul sito a lui dedicato e mi sono imbattuto in un brevissimo – e bellissimo – racconto dedicato a un gatto egizio, alla sua vita e alla sua morte. Si intitola Ik-men-ha-kaf e inizia così:

Gli occhi di smalto fissano il mistero dell’aldilà come se fosse un topo, e può ben darsi che lo sia. Visse tremila anni fa; si chiamava Ik-men-ha-kaf, che significa qualcosa come il lampo o il fulmine; ma quei tempi come adesso nessuno usava il nome intero per rivolgersi a un gatto o chiedergli un favore, così che lo chiamavano Ik, e più spesso Ik-ik, ch’è fulmine abbreviato.
Abitava a Abido, in una casa dai tetti bassi, ma anche così il tetto gli sembrava troppo elevato, inutile spreco per un così semplice labirinto, talmente elementare che dopo due o tre giri ne conoscevi tutti gli ingressi e tutte le uscite. Ik-ik era stato portato da Tebe all’età di tre mesi, e i primi giorni non riusciva in verità a distinguere gli ingressi dalle uscite, doveva fermarsi sulla soglia per studiare i percorsi più adatti; finché non giunse alla conclusione che ingressi e uscite coincidevano, si trattava di una distinzione puramente accademica. 
(continua)

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