Una storia della Liberazione a Genova, i tedeschi e gli americani

A Nervi, l’ultimo quartiere a Levante di Genova, in piazza Oberdan all’angolo con via Gazzolo, c’è una targa in marmo che sobriamente recita:

IL 28 APRILE 1945 DI FRONTE A QUESTA BENEMERITA P.A.N. L’ULTIMO PRESIDIO ANCORA IN ARMI DELL’ESERCITO TEDESCO DI OCCUPAZIONE SI ARRESE ALLE FORZE AMERICANE DELLA DIVISIONE BUFFALO.
TERMINO’ CON QUESTA RESA LA CRUDELE GUERRA VOLUTA DAI NAZIFASCISTI CHE PER 5 LUNGHI ANNI CAGIONO’ TANTI LUTTI E DOLORI
AL POPOLO ITALIANO
A MEMORIA E MONITO PER LE GENERAZIONI FUTURE
A.N.P.I./P.A.N.
NERVI 27 APRILE 2014

A Genova, la Liberazione avviene in seguito a un’insurrezione che si dipana tra il 23 e il 26 aprile 1945.
Il 24 aprile sono già in mano ai partigiani diversi quartieri sia a ovest sia a est; il 25 aprile i combattimenti proseguono, i tedeschi perdono anche i quartieri centrali e alle 19:30 il generale Gunther Meinhold firma la resa al CLN, dopo che anche le vie di fuga vero la pianura padana erano state tagliate sull’Appennino.
Però si combatte ancora per tutto il giorno seguente: come appunto a Nervi, dove le truppe tedesche ancora lì asserragliate ricevono da Berlino la notizia che Hitler ha condannato a morte Meinhold per aver firmato la resa, da considerarsi quindi nulla. Nella serata del 26 arrivano in città anche le truppe alleate e a quel punto anche gli ultimi tedeschi capiscono che è il caso di lasciare perdere e si arrendono.

Ma a chi si arrendono, a Nervi?
Alla 92a divisione di fanteria dell’esercito statunitense, nata nel 1917 in seguito all’entrata degli USA nella Grande Guerra, congedata nel 1919 e riformata nel 1942. Gli uomini della 92a sbarcano a Napoli il 1 agosto del 1944, hanno il battesimo del fuoco il 24 agosto risalendo verso nord. Nonostante sia dislocata in territori dove le forze nazifasciste non sono preponderanti, i suoi risultati sul campo sono giudicati insoddisfacenti e in breve tempo la divisione finisce relegata a compiti difensivi. Inoltre ci sono problemi a rinfoltire i suoi ranghi a seguito delle perdite, perché non c’è grande disponibilità di persone da arruolarvi.
La 92a, infatti, ha una caratteristica molto particolare: è una divisione composta unicamente da neri.

I soldati della 92a divisione “Buffalo” proprio sulla breccia aperta nella barricata eretta dai tedeschi in piazza Oberdan a Nervi, 27 aprile 1945 (foto da Il Nerviese)

Gli Stati Uniti erano una nazione in cui la segregazione razziale era sancita per legge e lo sarebbe rimasta fino alla fine degli anni sessanta (per venire sostituita da una segregazione di fatto, più o meno forte a seconda degli stati). I neri e i bianchi vivevano in spazi rigidamente separati e nemmeno la guerra faceva eccezione.
Quelli della 92a erano “Buffalo Soldiers”, un nome nato negli anni sessanta dell’ottocento per designare il primo reggimento di soli neri nato nell’esercito degli Stati Uniti dopo la guerra civile. Il richiamo sarebbe alla lanugine sul capo dei bisonti, assimilata ai capelli crespi degli afrodiscendenti (seconda una versione, la responsabilità del nomignolo sarebbe dei nativi americani). Forse inizialmente era dispregiativo, ma è stato poi adottato dagli stessi soldati, tanto da farne del bisonte lo stemma della divisione. Noi sicuramente lo conosciamo per la canzone di Bob Marley, ispirata proprio ai soldati ottocenteschi (Buffalo Soldier, dreadlock Rasta / There was a Buffalo Soldier / In the heart of America / Stolen from Africa, brought to America / Fighting on arrival, fighting for survival).1

Torniamo a Nervi nel 1945, fine aprile.
I tedeschi, soldati di un Reich basato sulla supremazia razziale, si arrendono, a uomini che considerano inferiori.
Ma allo stesso tempo si arrendono ai soldati di uno Stato che ha di fatto inventato la segregazione razziale, che ha ideato in occidente il modello di una società divisa legalmente per gruppi che dovrebbero essere impermeabili, e che continuerà per altri vent’anni a sostenere legalmente quel modello (e per chissà quanti ancora a farlo informalmente, perché si possono cambiare le leggi ma per le teste delle persone non è così facile).
È un paradosso, che il testo della lapide non sfiora nemmeno da lontano, forse perché non è il suo scopo, forse perché non è venuto in mente a nessuno. Però è significativo di quanto lavoro ci sarebbe da fare sul racconto della Seconda guerra mondiale, un conflitto che per molti versi viviamo giustamente come uno scontro tra “Buoni” e “Cattivi”, ma nel quale ci sono tante sfumature e contraddizioni che spesso si ignorano.
In ogni caso, se mai passerete di lì, fermatevi un secondo davanti a quella lapide e pensateci.

  1. Coincidenza che non c’entra niente: negli anni Ottanta/Novanta un coro della tifoseria sampdoriano cantava sul bridge della canzone di Marley “Luca Vialli segna per noi” ↩︎

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