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“Andiamo in Polonia” (5 di 15; e non fa male)

Riassunto delle puntate precedenti: volo low-cost, Cracovia città bellissima, anche fuori dal centro-centro, ma l’italiano in ferie non distingue l’ingresso di un campo di concentramento da quello del villaggio turistico di Sharm.

La Risposta è sottoterra.

Quando ho scoperto che tra le cose che avremmo visitato in Polonia c’era una miniera di sale ho pensato immediatamente, come dovrebbe fare qualunque buon conoscitore di Dylan Dog, “come a Golconda”.
In realtà c’è poco da scherzare, perché la miniera di sale di Wieliczka, a 40 minuti di autobus dal centro di Cracovia (per essere più precisi, 40 minuti di autobus dall’albergo, che era esattamente di fronte alla fermata) non solo è uno dei siti turistici più visitati del Paese, ma è anche antichissima. Infatti, benché gli scavi delle prima gallerie risalgano al XIII secolo, già in epoca preistorica gli abitanti della zona sfruttavano l’acqua salata che sgorgava dalle sorgenti della zona per conservare i cibi in salamoia.
Ora premete “play” qua sotto:

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“Andiamo in Polonia” (3 di 15; ancora Cracovia)

Riassunto delle puntate precedenti: arriviamo in Polonia nonostante le insidie dei voli lowcost e iniziamo a gironzolare per Cracovia, città di cui tutto quello che dovete sapere è che è bella e che c’è un drago che sputa fuoco che una volta Warren Ellis ha citato in suo fumetto.

“Mari Balotelli è stato qui”, scriveva fiero questo kebabbaro

A sud della città vecchia c’è un quartiere, vecchio pure lui, che si chiama Kazimierz e che una volta era una città. Quando fu fondata nel XIV secolo, infatti, c’era un braccio della Vistola che la separava da Cracovia e sorgeva su un isola. Oggi che non ci sono più barriere fisiche fa abbastanza ridere l’idea che ci fossero due città a dieci minuti a piedi una dall’altra.
Nel 1495 gli ebrei di Cracovia vennero cacciati dalla città. Per fortuna c’era una comoda città a dieci minuti di cammino dalle mura dove trasferirsi, i cui abitanti non avevano grossi problemi ad accogliere degli ebrei. Dal XIX secolo Kazimierz è diventata parte di Cracovia.
Perché è famosa Kazimierz? Perché Spielberg ci ha girato Schindler’s List. I tour guidati la pubblicizzano come “old jewish town”, ma in realtà a parte una via affollata di ristoranti a tema ebraico e un paio di sinagoghe, di ebraico a Kazimierz è rimasto molto poco. Del resto, la Polonia è la nazione per cui i nazisti possono davvero dire “missione compiuta”: c’erano quasi tre milioni e mezzo di ebrei in Polonia il primo di settembre del 1939, alla fine della guerra ce n’erano al massimo 240.000. Continua a leggere

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“Andiamo in Polonia” (2 di 15; impressioni preliminari su Cracovia)

Riassunto della puntata precedente: scampati a un Ferragosto a Orio al Serio, prendiamo un volo Ryan Air in cui passiamo un’ora e mezza a dire “no grazie” agli assistenti di volo che cercano di venderci rose e arriviamo a Cracovia.

I primissimi approcci con la città non sono il massimo. Arriviamo alle sette di sera a Ferragosto, in una stazione completamente deserta perché tutti i negozi sono chiusi per la festività dell’Assunzione della Madonna.
L’albergo è fortunatamente a due passi dalla stazione, ma quando chiedo alla reception una mappa della città mi viene dato un foglio malamente fotocopiato sul quale riusciamo a malapena a farci segnare la posizione dell’albergo. Poi però usciamo, attraversiamo la piazza, entriamo sotto l’arco di una delle porte della città, oltre il barbacane e… Senza girarci troppo in tondo, Cracovia è incantevole. Cuore culturale e artistico della Polonia, già capitale dal 1038 al 1569, ha avuto l’incredibile sorte di uscire dalla Seconda guerra mondiale sostanzialmente intatta. Il risultato è che il suo centro storico, circondato dal parco del Planty che ha preso il posto delle mura cittadine, è ancora oggi quello originale (mentre per esempio Varsavia e Danzica sono state ricostruite sulla base della documentazione esistente).

Il palazzo sta a metà della piazza; dall’altra parte ce n’è altrettanta

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“Andiamo in Polonia” (1 di 15)

Praticamente fino al giorno della partenza, quando dicevo a qualcuno che andavo in vacanza in Polonia, la risposta era di norma una faccia stupita e la domanda “e a fare che?” in un sacco di varianti, tra cui anche un meraviglioso “ma a voi non piace il mare?”.
In effetti, partire per un giro di due settimane della Polonia il giorno di Ferragosto suona un pochino strano e decisamente fuori dai giri consueti (“una meta poco ortodossa” ha celiato da par suo uno dei pochissimi che hanno subito detto “che bello”) e persino noi due che dovevamo partire un po’ di timore lo avevamo. E se non ci piaceva? E se le tappe intermedie tra Cracovia e Varsavia si rivelavano dei brutti posti? E se dovevamo mangiare solo pierogi e gulash per 15 giorni? (oddio…) E se non trovavamo i treni e i pullman per arrivare in tempo agli alberghi già prenotati? E se…?
No, niente di tutto questo. Quando tra sei mesi avrò finito questo post a puntate, si capirà che (spoiler) la Polonia è un posto molto bello dove trascorrere del tempo. Non fosse altro perché mentre noi la sera uscivamo con il maglioncino gli amici rimasti in Italia morivano di caldo nelle grinfie di anticicloni dai nomi sempre più improbabili, ma anche perché abbiamo visto piazze gigantesche, chiese, castelli, boschi, casette sul canale, barche, palazzi, reticolati, monumenti, gente mediamente gentile, cibo buono, draghi che sputano fuoco in mezzo alla città; abbiamo impastato il pandizenzero, camminato in città risorte dal fuoco e dalle fiamme, calpestato il suolo su cui sono caduti i primi colpi della seconda guerra mondiale e tante altre cose (tipo che ho mangiato sei pierogi, una salsiccia e un mezzo litro di birra a pranzo e poi ho dormito su un prato per due ore filate).
Se avrete la pazienza di seguirmi, cercherò di raccontare come è andata.

La prima scena si svolge al check-in di Orio al Serio. Continua a leggere

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