“Andiamo in Polonia” (11 di 15 – Libera città)

Arrivare a Danzica vuol dire arrivare in una delle città simbolo del Novecento europeo: qui è iniziata la seconda guerra mondiale e qui ha iniziato a morire il comunismo negli anni Ottanta. Per me è anche il punto più a nord in cui sia mai stato nel continente europeo (spodestando Amburgo) e per questo viaggio è anche la prima volta che arriviamo sul mare. Baltico, ma sempre mare.

Fedeli al motto sexpistolsiano di “cheap holidays in other people’s misery”, ci siamo concessi l’albergo bello davvero e caro per gli standard polacchi, situato in un antico mulino affacciato sul canale principale della città.
“Vabbeh, abbiamo prenotato con le offerte di Booking, ci avranno dato una stanza che dà verso l’interno di quest’isoletta dove non c’è niente,” ci diciamo in ascensore. Poi apriamo la porta della camera e sotto una delle quattro finestre della stanza sta passando il galeone dei pirati che si vede lì in alto.

Per intenderci, la vista dalla camera era questa.

Abort Cultural. Strani servizi offerti dall’albergo.

Trasformata la stanza in un accampamento nel giro di tre minuti, ci lanciamo per il primo giro della città.
C’è da sapere che Danzica è uscita dalla guerra rasa al suolo. Il centro si presentava così:

Quell’edificio in alto a sinistra intatto è il nostro albergo, per la cronaca.

La ricostruzione è stata rapidissima, precisa e idiosincratica. Invece di riportare la città allo stato esatto in cui si trovava prima della guerra, i polacchi decisero di ricreare la Danzica del XVI secolo, ignorando tutto quello fatto dai prussiani. La decisione fu ovviamente politica, per sancire l’appartenenza definitiva alla Polonia di una città che nei secoli era passata di mano più e più volte, fino alla singolare condizione di “città libera” tra le due guerre mondiali, quando Danzica, che aveva una popolazione in stragrande maggioranza tedesca, era stata proclamata un’entità autonoma all’interno della repubblica polacca.
Oggi, la via che costituiva l’asse principale della città antica, dal canale fino alla porta da cui entravano i re in città, è una replica pressoché perfetta di una ricca città rinascimentale dell’Europa del nord, con le sue decorazioni eleganti e sfarzose al tempo stesso. Se però vi arrampicate in cima alla torre del municipio, vi accorgerete che è quasi come Gardaland: attorno alla via la ricostruzione è in realtà molto limitata e circondata dalla città moderna. È bello passeggiare lungo la strada regale e sul fronte del canale, però la consapevolezza di stare in una specie di parco a tema dedicato alla Danzica di un tempo rovina un po’ lo spettacolo. Per fortuna ci sono le spettacolari nuvole da cielo nordico che si possono sempre guardare senza timore che siano artefatte.
Degli edifici ricostruiti, il più imponente e affascinante è senza dubbio la gru medievale, che incombe minacciosa come Darth Vader in qualunque foto del waterfront.

Fino al XVII secolo è stata la più grande struttura di questo genere in Europa (oltre a fungere anche come porta cittadina) e ospitava due gru, una a 11 metri di altezza e una a 30. Oggi al suo interno si trova una mostra che riproduce ambienti tipici della vita del porto, oltre a spiegarne il funzionamento, che si basava sostanzialmente sullo stesso principio delle ruote dei criceti, solo che al posto dei criceti nelle ruote ci sgambettavano le persone.

Pensaci, la prossima volta che ti lamenti del tuo lavoro.

Un posto molto particolare che si può visitare a Danzica, un po’ fuori dal centro, alle spalle della stazione delle autocorriere (che è un bel posto se volete toccare con mano come doveva apparire misera la Polonia comunista), è il cimitero dei cimiteri inesistenti. L’idea, quasi degna di Neil Gaiman, è quella di ricordare i cimiteri che sono stati distrutti nel corso della travagliata storia della città. Non è facilissimo trovare informazioni precise, quindi non so esattamente di quali e quanti cimiteri si tratti. A terra c’erano otto lapidi, di diverse epoche, mentre attorno all’altare erano affastellati simboli di diverse culture, da quella tedesca a quella ebraica. È letteralmente un fazzoletto di terra, ma merita un giretto. Se il cancello è chiuso basta ruotare la maniglia.

cimitero

Alle spalle del cimitero si erge un colle in cima al quale è stata collocata nel 2000 una sobria croce, detta “del millennio”. Arancione, tipo.
Arrivare fin su in cima regala una vista straordinaria sulla città, gru dei cantieri navali comprese. Poi, se siete buontemponi, ci sono determinati punti da cui si riescono a fare delle foto in cui la vostra (pazientissima) fidanzata sembra attaccata alla croce.

croce

Fatto?
Bene. Ora potete scendere di nuovo giù, riattraversare il sottopassaggio della stazione delle corriere e dalla stazione ferroviaria proseguire a sinistra.
Tempo cinque minuti e siete sotto la sede di Solidarnosc. Se non la riconoscete per l’enorme logo del partito, potete usare come punto di riferimento il pezzo di muro di Berlino parcheggiato lì davanti.

Mauer

Poco più avanti c’è pure una mostra dedicata alla storia di Solidarnosc, ma quando siamo arrivati noi era già il giorno di chiusura, quindi non so se vale la pena.
Se si va ancora più avanti si arriva all’ingresso dei cantieri navali di Danzica, uno dei luoghi più importanti della storia del comunismo, anche se il comunismo avrebbe probabilmente preferito di no.
Grossomodo, tagliandola con il flessibile, la storia è che nel 1970 iniziano delle manifestazioni di protesta contro l’aumento del prezzo dei generi alimentari deciso dal governo. Pare che si verifichino anche atti di sabotaggio in alcune fabbriche e la risposta è brutale: nella città di Gdynia, poco lontano da Danzica, l’esercito spara sui lavoratori che stanno scendendo dai treni per recarsi in fabbrica. Almeno quaranta morti, migliaia di feriti e arresti.
La situazione è gravissima, il paese è sull’orlo di una rivolta e alla fine il governo deve cedere e abbassare di nuovo i prezzi.
Dieci anni dopo, nell’estate del 1980, dopo un decennio in cui le tensioni avevano fatto capolino qua e là, i cantieri navali di Danzica entrano in sciopero. Il loro leader è un idraulico, Lech Walesa, e tra le altre cose i lavoratori riescono a ottenere l’erezione di un monumento alle vittime del 1970 proprio davanti all’ingresso dei cantieri navali. Oltre a costituire un sindacato indipendente dal governo comunista. Da lì, inizia la storia di Solidarnosc, che sarà uno dei più potenti motori della caduta del comunismo europeo (con il supporto di Giovanni Paolo II, ovviamente).

cantieri

Oggi l’ingresso ai cantieri si presenta così, con la replica del cartellone con le richieste dei lavoratori in sciopero del 1980 (è quello giallo sotto allo striscione di Solidarnosc) e l’immancabile foto di Lennon McCartney II sul cancello, a sinistra della bandiera vaticana.
Davanti, si stagliano altissime e scheletriche le tre croci d’acciaio del monumento ai caduti, impressionante simbolo cristiano eretto in faccia a un regime comunista. Ai suoi piedi, come atterriti sia dal dolore sia dal levarsi delle croci, ci sono sculture di operai.

croce_danzica

Vicino alle lapidi con i nomi dei morti c’è una mostra fotografica che ricorda i giorni degli scioperi e gli eccitanti anni ottanta del movimento cristiano anti-comunista polacco. Ovviamente Giovanni Paolo II la fa da padrone, con le sue visite che attiravano folle oceaniche.
Nel 1987, per esempio, disse messa da quello che sembrerebbe un gigantesco robot trasformabile.

GP2

Fine della puntata: nella prossima, la risposta alla domanda “ma dove è iniziata esattamente la seconda guerra mondiale?”.

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